Come si fa a… “fare un vescovo”? La nuova nomina

Mondovì cambia vescovo. La trafila per arrivare a candidati all’episcopato.

Più d’uno, con molta franchezza, si è rivolto alla redazione, a margine dell’annuncio – peraltro contenuto nella Lettera pastorale di mons. Luciano Pacomio – della scadenza di mandato per il vescovo al compiersi dei 75 anni, per porre una domanda che non è solo curiosa ma anche di stampo prettamente ecclesiale: come avviene la nomina di un nuovo vescovo?

Riordino delle diocesi?
Intanto, una premessa: ancorché dalle Conferenze episcopali regionali ci sia la scadenza in questi mesi per una proposta di riordino e semplificazione dell’assetto territoriale delle diocesi, sembra che, almeno in Piemonte, non ci sia – nell’immediato – nulla di deciso al riguardo. Quindi per Mondovì, Saluzzo e Pinerolo (diocesi con i rispettivi pastori in scadenza nelle prossime settimane) si tratta di pensare a nuovi vescovi, come nella logica abituale.

Cosa succede quando c’è la sede vacante
Innanzitutto va ricordato che le dimissioni dalla guida di una diocesi, per il traguardo dei 75 anni raggiunto dal vescovo, entrano in vigore quando sono accettate dal Papa. In quel momento la Chiesa locale entra nella condizione di “sede vacante”. Ne derivano tre possibilità.

a) Mentre sono accolte le dimissioni del vescovo in carica, viene dato contestualmente l’annuncio della nomina del successore, affidando al pastore dimissionario il mandato di “amministratore apostolico” fino all’arrivo del nuovo vescovo. E’ successo a Cuneo e Fossano di recente quando si è dimesso mons. Cavallotto ed è stato nominato poi mons. Delbosco.

b) Dalla Santa Sede può venire nominato autonomamente un “amministratore apostolico” esterno. Può essere un altro vescovo, come è avvenuto ad Alba l’anno scorso, con le dimissioni accettate di mons. Lanzetti e con l’incarico affidato temporaneamente a mons. Ravinale (vescovo di Asti). Può essere anche un sacerdote.

c) Viene infine lasciato il compito al Collegio dei consultori, in diocesi, di eleggere un “amministratore diocesano” nella persona di un presbitero che abbia superato i trent’anni di età (Capitò così quando venne nominato p. Enrico Masseroni da Mondovì ad arcivescovo di Vercelli: i consultori, allora, indicarono don Pietro Ferrero “amministratore diocesano” nel ’96).

Come si sceglie un sacerdote da candidare all’episcopato?
Periodicamente le Conferenze episcopali regionali presentano, alla Nunziatura, una serie di nomi di presbiteri quali possibili candidati all’episcopato. E’ una decisione assunta insieme dai vescovi di una Regione. Ma anche ogni singolo vescovo può, di sua iniziativa, segnalare altri sacerdoti. La Nunziatura trasmette questi nominativi alla Congregazione dei vescovi. Da questo momento inizia – tramite la Nunziatura – la raccolta di dati ed informazioni, per verificare la idoneità dei possibili candidati all’episcopato. Infatti il nunzio apostolico in Italia si rivolge a vescovi, sacerdoti, laici (e chiede anche di segnalare altre persone in grado di offrire indicazioni utili) per sondare le qualità del possibile candidato all’episcopato. Dalla sintesi di questi dati, la Congregazione dei vescovi stabilisce chi può essere annoverato tra coloro che potranno eventualmente essere scelti per l’episcopato.

Quando si deve provvedere alla nomina di un vescovo
Quando si profila il momento della sede vacante, in una diocesi, tocca alla Nunziatura procedere al reperimento di indicazioni sulle necessità della stessa Chiesa locale, interpellando nuovamente vescovi, sacerdoti e laici perché presentino le urgenze, le problematiche, le attese… di una comunità diocesana al cambio di guida pastorale. E nel contempo si invita ad indicare almeno tre nomi di possibili futuri vescovi. In base a tutta questa mole di informazioni, compete alla Nunziatura predisporre una terna di nomi, da sottoporre alla Congregazione dei vescovi che nelle periodiche assemblee plenarie valuta i nominativi proposti ed eventualmente li approva. A questo punto, la terna viene portata al Papa perché scelga chi nominare vescovo. Ovvio che si debbono mettere in conto anche eventuali “sorprese” o decisioni dello stesso Papa. L’orientamento – non codificato – sembra far prevalere la provenienza di nominati dai presbiteri della stessa regione o dalle regioni confinanti. Non è praticata – se non in alcune eccezioni – la scelta di ricorrere a sacerdoti della medesima diocesi, per l’elezione a vescovi nella Chiesa locale di cui si è già parte.
Può anche avvenire che si verifichi il trasferimento di un vescovo da una sede all’altra: a Mondovì, di recente, nel ’76 mons. Massimo Giustetti giunse da Pinerolo ove era vescovo residenziale; così come anni prima, nel ’69, mons. Francesco Brustia, arrivò, già vescovo, da Andria a Mondovì.

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