LA TESTIMONIANZA: insieme ai profughi che cercano di passare il confine e fuggire in Francia

«A volte non sanno nemmeno cosa sia la neve. Attraversano le Alpi in scarpe da tennis». Parla il medico monregalese Marco Turbiglio.

«A volte non sanno nemmeno cosa sia la neve, eppure sono pronti a sfidare la montagna, il freddo, con i pochi vestiti che hanno addosso e con scarpe inadeguate. Sono disperati e sfidano la morte». Il dott. Marco Turbiglio, monregalese, medico nel Reparto di Medicina del lavoro presso il Cto di Torino, è uno dei volontari dell’Associazione “Raibow 4 Africa”, che, ormai da mesi, si sta occupando di una situazione che a molti potrebbe sembrare paradossale, ma che è purtroppo una tragica realtà. Bardonecchia è diventata la nuova frontiera per il passaggio dei migranti dall’Italia alla Francia. Un problema noto da tempo, ma che, con la chiusura della frontiera di Ventimiglia e l’arrivo dell’estate, è andato via via peggiorando. Le Alpi sono diventate la nuova rotta dei migranti.

Ogni giorno a Bardonecchia, stazione sciistica dell’Alta Val di Susa, decine di persone si mettono sui sentieri provando ad eludere i controlli della Polizia. La strada più percorsa è quella che porta al Colle della Scala, a 1.762 metri di altitudine e con un dislivello di oltre 400 metri che, in più di cinque ore di cammino, porta al piccolo Comune di Névache, in Francia. La Polizia di frontiera francese presidia la Stazione ferroviaria di Bardonecchia impedendo ai migranti senza documenti di prendere i treni diretti Oltralpe. Così la stazione è diventata un vero e proprio centro di accoglienza dove la ONG “Rainbow 4 Africa” dà la prima assistenza medica. Ogni notte alcuni migranti dormono nei locali del Soccorso alpino adibiti a dormitorio, dove ricevono l’assistenza dei volontari della rete “Briser les Frontieres”, che li soccorrono, li riscaldano, li rifocillano e parlano con loro.

La traversata
Chi è determinato a partire, dopo la notte nella saletta della Stazione e la colazione, prende la Provinciale che sale per quattro chilometri verso il pian del Colle, la località da cui parte il sentiero per la Francia. Attraversata la frazione di Les Arnauds, si raggiunge Melezet e poi il pian del Colle, dove parte una pista da sci di fondo che conduce al bivio per il Col de l’Èchelle, il Colle della Scala, a 1.762 metri. Ora si è in territorio francese. Dopo qualche centinaia di metri c’è il primo bivio, la tentazione è di proseguire sulla pista da sci battuta, ma il sentiero da percorrere è quello fuori pista che svolta a sinistra. C’è un’indicazione per Briançon e Névache. Comincia la parte più difficile della traversata: la neve è alta, in alcuni punti arriva a un metro e mezzo. La strada prosegue verso Névache. Per arrivare qui, i migranti avranno percorso quasi 15 km: un’odissea impossibile da affrontare senza attrezzatura e con due metri di coltre bianca non battuta in cui s’affonda di continuo. E poi bisogna ancora arrivare a Briançon, magari con la speranza di trovare un passaggio in macchina offerto dai tanti valligiani che, oltre ad aprire le case ai migranti in transito, hanno cominciato a offrire passaggi fino alla città dove, però, il più delle volte ad attendere i profughi stremati c’è la Gendarmerie.

L’obiettivo è semplice: salvare vite umane. «Per fuggire dall’Italia e proseguire verso l’Europa la via alpina è sempre più utilizzata – spiega il dott. Turbiglio, che proprio l’altro venerdì notte ha prestato servizio a Bardonecchia –. Il problema è che, se in estate l’ascesa al Colle della Scala e la ridiscesa a Névache, è una semplice passeggiata, in inverno, con oltre un metro e mezzo di neve, il rischio costante di valanghe e temperature sotto zero, diventa proibitiva. Complice il passa-parola tra migranti, in questi mesi sono decine e decine i giovani ragazzi (quasi tutti africani, spesso minorenni, ndr) che ci hanno provato. Non sanno nulla di alpinismo, non sono preparati, non hanno attezzature idonee, non sanno cosa li aspetta. Eppure ci provano lo stesso, rischiando non solo di venire prontamente “rispediti” in Italia dalla Gendarmerie, ma anche di rimanere bloccati nella neve e nel gelo».
A partire dalla fine di novembre, nonostante la neve e il freddo, il Soccorso alpino di Bardonecchia ha registrato il passaggio di migliaia di migranti dal valico del Colle della Scala. «Abbiamo ricevuto molte chiamate, soprattutto di notte, e abbiamo trovato persone smarrite nei sentieri, alcune senza scarpe, tutte intirizzite e mal equipaggiate – ha spiegato Alberto Rabino, vicecapostazione del Soccorso alpino di Bardonecchia –. Gli portiamo coperte termiche, indumenti caldi, ma una volta che si sono ripresi chiedono di continuare il percorso pur sapendo che dall’altra parte li aspetta la Gendarmeria francese».

«Non si rendono conto che la montagna può essere più insidiosa del deserto e molti di loro non hanno mai visto la neve – continua il dott. Turbiglio –. Arrivano con scarpe da ginnastica e maglioncini. Fortunatamente l’Associazione di cui faccio parte ha trovato un accordo per gestire la saletta della stazione messa a disposizione dalla Ferrovie, dove i migranti possono trovare un luogo di ristoro. Qui vengono accolti e sfamati. Nello stesso tempo si cerca di scoraggiarli dal tentare l’attraversata, anche con video sugli smartphone in cui evidenziamo tutti i pericoli. Se uno guarda una cartina sembra che la distanza tra l’Italia e la Francia sia molto piccola, mentre in realtà in questa stagione partire potrebbe significare non arrivare mai. Alcuni hanno cambiato idea, ma altri sono determinati. In questo caso cerchiamo almeno di fornire loro un equipaggiamento adeguato: uno zainetto con cibo ed acqua, maglioni, giacche a vento e scarponi che tanti volontari per fortuna ci forniscono».

«Nelle settimane passate – spiega ancora il medico monregalese – i migranti che hanno provato l’attraversata erano molti, decine ogni notte. Ora la situazione è più tranquilla e credo che ciò sia dovuto al passa parola tra di loro: ora sanno non solo che è difficile raggiungere la Francia, ma anche che i gendarmi sanno dove attenderli per riportali a Bardonecchia. E spesso tornano stremati, fradici, quasi in ipotermia. In questo caso diamo loro una minestra calda, vestiti asciutti, un letto e, nei casi più gravi, le prime cure mediche».

La convinzione di tutti, però, è che il fenomeno non si fermerà tanto presto. Da questa convinzione, e cioè che i migranti non si arrenderanno di fronte all’inverno, è nata l’idea di preparare cartelli d’avviso lungo i sentieri e le strade che portano verso il confine francese. Scritti in 4 lingue: inglese, francese, arabo e lingua Afar. Più i disegni, di modo che sia comprensibile anche dagli analfabeti. «È un deterrente – conclude il dott. Turbiglio –, ma anche un messaggio di allarme e di pericolo. Devono capire che il rischio è davvero alto. Ma spesso questi ragazzi sono davvero pronti a tutto pur di realizzare il loro sogno, anche attraversare le Alpi in jeans, maglietta e scarpe da tennis».

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