Mondovì: la rapina “inventata” in centro, smascherata dalle telecamere

Un episodio emerso durante il processo di Paroldo. Protagonista la donna condannata per omicidio.

Che Assunta Casella fosse colpevole, tutti ne sono stati sempre abbastanza convinti, forse con la sola eccezione dei suoi legali, gli avvocati Andrea Naso prima e Paolo Marabotto poi, tanto che proprio l’avv. Marabotto, nella sua arringa difensiva, ne aveva chiesto l’assoluzione, “per mancanza di prove” e nel caso di condanna che “fosse esclusa la premeditazione”. Come è stato solo per l’accettazione di tale richiesta. Ma al di là della sentenza – la condanna a 21 anni e 3 mesi di carcere, di cui riferiamo qui a fianco – durante lo svolgersi delle tante udienze, sono emersi molti particolari sconosciuti, sia sulla vita privata della donna, sia sul periodo in cui visse a Mondovì, alla Caritas. Con uno, fra gli altri, che merita di essere ricordato, per due motivi: quello della rapina (mai avvenuta) a suo danno e da lei non denunciata ai carabinieri ed emerso solo in una delle tante intercettazioni fatte dagli inquirenti, delle telefonate ad amiche cebane e paroldesi. Il primo, che mette in evidenza l’ottimo lavoro di “intelligence” degli inquirenti, e il secondo, che, con le moderne telecamere della videosorveglianza di Mondovì, nulla e nessuno sfugge al “grande fratello” elettronico.

Il primo

Durante il tragitto per andare alla stazione ferroviaria e raggiungere Ceva (cosa che ha sempre fatto nel periodo di residenza alla Caritas), Assunta Casella è stata spesso al telefono. Così la mattina in cui sarebbe stata aggredita. Ma incrociando i dati, dell’ora di passaggio davanti alle diverse telecamere del centro storico e del momento di uso del cellulare (con la telefonata intercettata), ecco che è stato evidenziato, come nessuno l’avesse rapinata, come aveva raccontato. Con versioni diverse, a due amiche distinte, circa l’importo: una volta 300 euro ed un’altra 200 euro.

Il secondo

Proprio questo ramo delle indagini sulla donna, hanno fatto emergere come la videosorveglianza in Mondovì sia effettivamente quanto mai utile e, grazie alle modernissime telecamere da poco entrate in funzione, chiunque passi nel loro raggio viene catturato. Con ingrandimenti che permettono di far emergere ogni più minimo particolare, come quello di una sigaretta. E una conseguente considerazione: la sicurezza si paga con la diminuzione della “privacy”. Parole già sentite, ma forse mai verificate anche “a casa nostra”, come in questo caso.

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