#8marzo #12donne «Basta con la passività: nessuno può imporci come dobbiamo vivere»

Nadia Guendouli, pettinatrice

«La donna è come il lupo: robusta, piena di energia, di grande forza vitale, capace di dare la vita, leale, errante» (“Donne che corrono con i lupi”, Clarissa Pinkola Estés)

Imprenditrici, lavoratrici, studentesse, insegnanti, con incarichi pubblici, nel volontariato, nello sport. Donne. Giovedì è l’8 marzo, ed è la Giornata internazionale dei diritti delle donne. Noi la chiamiamo genericamente “Festa della donna”, ricorrenza che a volte si sintetizza con una mimosa e una cena al ristorante. C’è di più, ci deve essere di più. Lo abbiamo chiesto a loro, a tante di loro. Di tanti ambiti diversi.

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Nata in una famiglia strettamente musulmana, Nadia è l’esempio perfetto per dimostrare che tutti gli stereotipi cuciti addosso alla cultura islamica possono essere gettati alle ortiche. Arrivata in Italia a 3 anni, ha studiato e si è scelta il lavoro coi corsi professionali. Oggi ne ha 30, fa la pettinatrice in una notissima vetrina di Breo.

Nadia, tu festeggi l’8 marzo?
Non rifiuto gli auguri, ma devo dire che io non credo in queste convenzioni. Vale per la festa della donna come per San Valentino, o la festa della mamma e del papà... perché dovrei festeggiare mia mamma o mio papà un solo giorno all’anno? Sono i miei genitori tutto l’anno. Vale lo stesso per l’8 marzo. Certamente questa giornata aiuta a ricordare il valore dei diritti, vengono organizzate iniziative... però a volte diventa anche un’occasione di festa commerciale.

Domanda cattiva: tu fai la pettinatrice, peraltro un mestiere a prevalenza femminile... la tua attività, come i fiorai, non è una di quelle che ci guadagnano di più dal lato commerciale della festa?
Ah, questo è vero. Però vorrei che non deve valere solo per gli uomini nei confronti delle donne: tutte abbiamo una mamma o una sorella a cui vogliamo bene. E troppo spesso ci si ferma agli auguri, senza poi riflettere sul fatto che il ruolo femminile per molti è ancora quello della “donna che deve stare a casa a badare alla famiglia”. Io voglio lavorare, voglio la mia vita. E a proposito del mio lavoro: è vero che è un lavoro fatto prevalentemente da donne, ma io l’ho scelto perché era quello che volevo fare. Ho frequentato il CFP per diventare pettinatrice, era il lavoro che mi piaceva.

Tu sei di famiglia musulmana: cosa rispondi a chi dice che nella tua cultura la donna sia per forza sottomessa all’uomo?
Rispondo che io, semplicemente, non ho mai voluto sottostare a nessuna costrizione... e ho vissuto la mia vita come volevo. Non mi sono mai adeguata a nessuno stereotipo. I miei genitori venivano da un altro Paese, per loro l’Italia era un posto dove la gente aveva abitudini strane. Ma io sono cresciuta qui, e volevo vivere come le mie amiche. Una ragazza può decidere da sola, dovrebbe sempre farlo. E sarebbe anche ora di finirla di essere donne passive: io non lo sono mai stata. Se lo fossi stata, forse avrei accettato costrizioni di qualche tipo... ma non l’ho mai fatto. Mi auguro che chi lo accetta trovi la forza di smettere. A volte lo fanno per vergogna, ma non c’è nulla di cui vergognarsi a voler vivere la vita che ci piace.

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