Dogliani: Festival dei Media, #day1: un tripudio per Renzo Arbore (FOTO E VIDEO REPORT)

Gli interventi dei protagonisti, foto e link. In diretta.

Si è aperto giovedì 5 maggio il Festival della TV e dei nuovi Media 2016 a Dogliani.

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Venerdì 6 maggio

RENZO ARBORE: "Così è sparita la TV d'autore"

Se i termini della musica valessero per la televisione, lui sarebbe senza dubbio un jazzista. «Perché la nostra era una televisione d'autori e di improvvisazioni - dice, quasi canta, Renzo Arbore dal palco di Dogliani -. Oggi non lo fa più nessuno. Oggi, forse, nessuno ne sarebbe capace». Oggi, che la TV è diventata interamente commerciale. O, se la vogliamo contrapporre al jazz, è diventata puro pop.
A fianco di Arbore siedono Nino Frassica e Maurizio Ferrini, le sue "spalle" storiche di migliaia di puntate. Si va da "Quelli della Notte" a "Indietro tutta", e più indietro ancora fino a "L'altra domenica", il presentatore italiano ha ripercorso tutta la sua carriera, interamente trascorsa in "mamma RAI": «Non sono più tornato a fare TV - ha detto, rispondendo ad Aldo Grasso -... credo che oggi non mi considerino più. Ma io non sono mai passato ad altre aziende. Cosa penso della TV di oggi? Che magari sa ancora fare satira, ma che non è intelligente». E fa uno splendido esempio di cortocircuito mediatico: «Oggi la TV cerca la polemica per finire sui giornali il giorno dopo e sperare di acchiappare così ancora più audience. Noi ci ribellammo a questa tirannia, e nacque così la nostra idea di TV». Jazzistica, appunto: cioè improvvisata. «Perché non puoi preparare un copione diverso ogni sera: ci inventavamo le battute sul momento, oggi non ne sarebbe capace nessuno».


Racconta di come Ferrini e Frassica sono entrati a lavorare con lui: «Maurizio mi mandò una videocassetta in cui... faceva le televendite vendendo le persone. Che ne pensai? beh, che era un comunista! Ma che ci sapeva fare». E Frassica? «Cercavamo qualcuno a cui far interpretare un frate: così nacque frà Antonino di Scasazza».

L'incontro è un meraviglioso palleggio di battute e sketch. Con mini video che lanciavano quelli che furono tormentoni quando il tormentone non si sapeva cos'era: "La vita è tutta un quiz", "Cacao meravigliao" (che fa battere le mani a tutti in sala). E un aneddoto: «Per il "Cacao" finimmo anche in tribunale. Volevamo registrare il marchio... ma scoprimmo che qualcuno ci aveva preceduti copiandolo dalla nostra trasmissione e lo aveva già registrato. Finimmo davanti al giudice... che ovviamente era un mio fan, sapeva tutte le battute delle mi trasmissioni! Alla fine, riconobbe che il "Cacao meravigliao" l'avevamo proprio inventato noi». E non solo quello.

"Le sfide dell'editoria televisiva italiana"
Un gran numero di spunti di riflessione legati al mondo dell’editoria televisiva del nostro Paese. Se ne parlerà con Fabrizio Salini (Direttore di Rete di La7 e La7d), Kathryn Fink (Amministratore Delegato di Fox Networks Group Italy), Monica Maggioni (Presidente della Rai e Vicepresidente dell’EBU, EuropeanBroadcasting Company), Marinella Soldi (Amministratore Delegato Italia e Direttore Generale di Discovery Networks Sud Europa), Andrea Zappia (Amministratore Delegato di Sky Italia). Conduce Aldo Grasso.

Monica Maggioni (presidente Rai)
«Il servizio pubblico della Rai oggi è un sistema che vive avendo doveri e obblighi che gli permettono di essere la garanzia di un paese. Questo lo differenzia dalle Tv private»

"Quanto cibo in Tv"
Con lo chef Carlo Cracco, Enzo Vizzari (Direttore de Le Guide de L’Espresso), Riccardo Bocca (Critico televisivo e caporedattore del settimanale L’Espresso), Fabrizio Ievolella (Magnolia) e Nils Hartmann (Direttore Produzioni Originali Sky Italia) si discuterà del rapporto tra i media, il cibo e gli italiani: dalle trasmissioni di successo MasterChef e Hell’s Kitchen, che vedono protagonista Cracco, passando per tutti gli altri programmi di cucina.

Riccardo Bocca (critico televisivo)
«C'è un'esigenza di trasformazione, di evoluzione. Oggi Cracco è amato più di Papa Francesco. La Tv ha usato il cibo come tramite, elemento fondamentale della nostra vita quotidiana, e l'ha usato per narrare altro. "Masterche"f non parla di cibo, ma di esperienze, diventando qualcosa in cui noi ci ritroviamo, come interpretazione della nostra quotidianità"

Fabrizio Ievolella (Magnolia)
«Oggi il "talent cooking show" può veicolare cose molto diverse da prima. Perché? La gente prima cucinava a casa, oggi no, e infatti sono aumentati i punti di ristorazione. Questo è un punto nodale. Una volta si cucinava molto a casa e questi programmi parlano di cucina, ma non di ricette. Oggi facciamo con la vista quello che prima facevamo con le mani. Non parlano di cibo ma parlano di storie»

Carlo Cracco (chef)
«Con i programmi di cucina è cambiato anche il mondo dei cuochi. E non solo perché ci siamo conosciuti, ma anche perchè si è alzato il livello qualitativo». «Conosco bene Dogliani, ho lavorato per cinque anni a Piobesi d'Alba. Un'altra zona del Tanaro... ma i vini sono gli stessi (ride)! Quindi per me questo è un po' un ritorno a casa»

Nils Hartmann (Sky)
«Masterchef è il programma più visto in assoluto su Sky»

"Tutto o niente"
Sara e Marco Tardelli intervistati dal giornalista Massimo Callegari

Marco Tardelli
«Quando sono arrivato alla Juve mi hanno subito chiamato "schizzo", visto che ero magrissimo. In casa ho solo due foto, la mia ai Mondiali e quella di Bearzot»

"Giornalismo e politica: un dialogo per il futuro"
Con Aldo Cazzullo (giornalista "Corriere della sera")

Aldo Cazzullo
«Una volta "La Stampa" vendeva quanto oggi vendono "Repubblica" e "Corriere della sera" messi insieme. Però, grazie alla condivisione sui social, forse oggi un articolo ha più lettori di quanti ne aveva una volta. Quindi il problema non è la crisi dei contenitori: arriveremo, prima o poi, a fare i soldi anche con il web. Il problema è la crisi dei contenuti: oggi il giornale non parla della vita delle persone. Siamo pieni di pagine che parlano di politica, e non sappiamo sostituirla con la vita».

"True Crime - L'eterno successo della cronaca nera"
Con Carlo Lucarelli (giornalista e scrittore), Sherin Salvetti (Crime Investigation e History), Laura Carafoli (Discovery Italia), Marco Visalberghi (regista e produttore), Giuseppe Borrelli (magistrato). Conduce Andrea Biavardi (direttore della rivista "Giallo")

Sherin Salvetti (Crime Investigation e History):
«Abbiamo realizzato un "reality" nelle carceri, inviando un gruppo di persone in carcere per 60 giorni e seguendoli. Una via di mezzo fra reality ed esperimento sociologico. Nemmeno i carcerieri sapevano che erano lì per un programma televisivo».

Laura Carafoli (Discovery Italia):
«Alcune serie tv americane, ispirate a crimini veri, hanno capito che il tipo di visione che si forniva era un contenuto nuovo. Ci sono generi "crime" di fiction pura e generi di fiction con indagini ed investigatori assolutamente reali. Il pubblico sa capire benissimo le differenze e i produttori hanno intuito che una cosa autentica ha un valore diverso. Ecco perché una serie ispirata a fatti reali deve essere interamente vera, dall'inizio alla fine».

Marco Visalberghi (regista e produttore):
«Parlando della serie Tv "Camorriste", come fare a rappresentare la camorra al femminile? L'aspetto che mi ha affascinato sono proprio le storie di donne che si sono trovate coinvolte in meccanismi più grandi di loro. Non si cerca di raccontare i meandri camorristici, ma il vissuto di chi attraversa queste storie. Come lo raccontiamo? Cercando di fare interviste lunghissime con donne che hanno deciso di raccontare la loro storia, magari dopo molto tempo, e le mettiamo in scena girandole nei luoghi in cui sono realmente accadute».

Giuseppe Borrelli (magistrato):
Magistrato della Procura di Napoli, che segue le inchieste sul clan dei Casalesi: «Credo che il messaggio della serie Tv "Camorriste" andasse trasmesso ai telespettatori. Il taglio non trasmette figure di eroi. Non ho mai insistito affinché qualcuno diventasse un "pentito": credo che non debba essere questo il ruolo del magistrato».

Carlo Lucarelli (giornalista e scrittore):
«Con la seconda edizione di "Profondo nero" siamo andati a percorrere storie di vittime e serial killer, non tanto per il fatto di cronaca in sé, ma perché quelle storie segnarono un cambiamento nella nostra società. Prima pensavamo che alcune cose in Italia non potessero succedere, dopo sì. Come ci insegna il caso del "mostro di Firenze", per la prima volta si parlò di serial killer in Italia. Non abbiamo soltanto guardato alla storia, ma al contesto: una società che cambia».

Venerdì 6 maggio

"Al servizio del patrimonio artistico italiano"
Con Roberto Pisoni (Direttore di Sky Arte), Flavia Piccoli Nardelli (Presidente Commissione Cultura della Camera), Silvia Fregolent (Parlamentare), Maria Pia Ammirati (Giornalista, Direttore di Rai Teche), Francesco Sama (Direttore Generale OVS), moderati da Guido Curto (Direttore Palazzo Madama, Torino).

"Raccontare o emozionare? L’evoluzione della narrazione sportiva"

Con Simona Ercolani (Regista, Autrice e Produttrice televisiva), Federico Ferri (Vicedirettore Sky Sport) e Massimo Callegari (Giornalista Mediaset) si cercherà di comprendere come i media raccontano lo sport: il passaggio verso lo storytelling, le cronache degli eventi sportivi, chiamate a emozionare piuttosto che fermarsi alla mera narrazione. Conduce Maurizio Crosetti (Giornalista La Repubblica e scrittore)

Maurizio Crosetti  (giornalista sportivo La Repubblica):
«Il calcio in TV deve muovere la passione, altrimenti rischia di rimanere asettico. Il commentatore deve farsi amare dal pubblico, deve trasmettere la passione. Le parole chiave per chi racconta di sport sono: velocità, tecnologia, credibilità, passione, attenzione ai dettagli. Deve creare affetto nel telespettatore».

Simona Ercolani (l'autrice di "Sfide"):
«Sfide esiste ormai da 18 anni. Il suo segreto? L'utilizzo di testimoni diretti, gli unici in grado di trasmettere l'emozione vera dell'evento che hanno vissuto».

Massimo Callegari (Sport Mediaset)
«Il giornalista deve creare un connubio tra il racconto a voce e la tecnologia dell'immagine. A me piace raccontare, ma anche utilizzare le nuove tecnologie: danno la possibilità di avere immagini di qualità sempre maggiore. Bisogna accompagnare il telespettatore, farlo entrare nello stadio, trasmettergli i suoni e i colori. Quando viene segnato un gol per me è indispensabile far sentire l'urlo dei tifosi. C'è una nuova didattica fornita al telespettatore da parte degli ex sportivi: il loro apporto da interlocuotri autorevoli è ormai diventato una professione. Pensiamo a Daniele Adani, che ha avuto la possibilità di andare a fare il vice di Mancini ma ha scelto di rimanere a fare telecronache a Sky».

Federico Ferri (Sky Sport):

«Io penso che l'ex calciatore possa fare il commentatore, ma non il "professore". E poi ci sono quelli che non hanno paura di dare sentenze, vedasi Boban. I personaggi che non funzionano sono... quelli che non sanno parlare in italiano, che non hanno carisma o che fanno trasparire la voglia di tornare nel mondo del calcio. Perché perdono credibilità».

Giovedì 5 maggio - Il primo incontro: De Benedetti e Franceschini

L'ing. De Benedetti: il futuro dei media, web e locali.
«Qual è la differenza tra giornale nazionale e giornale locale? Che il giornale locale ha la notizia, quello nazionale no. Il giornale locale dovrà continuare ad essere locale, anzi ancora più locale. Quello nazionale non dovrà dare la notizia, ma spiegare perché è successa»
Il futuro è tutto nel mondo del web: «Non esiste più distinzione tra redazione web e cartacea. Oggi La Repubblica e il Corriere vendono un quinto di quanto vendevano all'epoca del sequestro Moro».

Il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini: arte e cultura nella nostra epoca
«Nel futuro, il benessere sara dato dal tempo che ciacuuno ha a disposizione e che puo di dedicare a sé stesso più che ai beni materiali. Per questo che diventa sempre più importante il "consumo culturale": nel 2015 sono cresciuti i biglietti di musei, concerti, download di musica, libri. Il benessere è dato dal tempo in cui una persona riesce a stare bene, e in questo rientra il nostro vivere. E in questo, nella cultura, l'Italia può essere maestra. Non a caso all'estero si dice "vivere all'italiana"».

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