Profughi, un tema attuale? Macché: è vecchio come il mondo

Nessuna novità: ne parlavano già i Greci. I concetti di “accoglienza e ospitalità” nel mondo classico.

“Accoglienza e ospitalità; cittadinanza e nazionalità”: sono i temi complessi e di grande attualità affrontati giovedì scorso a Mondovì in un incontro molto partecipato organizzato congiuntamente dall’Università degli Adulti, dall’ Associazione Cuneese di Cultura Classica e dall’ Anpi. Il prof. Stefano Casarino, che con passione e ampiezza di riferimenti ha parlato di “problemi di oggi attraverso la lezione di ieri: accoglienza e ospitalità nel mondo classico”.

Guardando con umiltà al passato e ai classici, si scopre che i problemi dell’accoglienza e dell’ospitalità, dell’integrazione o dell’esclusione non sono affatto nuovi. E’ una regola storica che i popoli si spostino: accadde già intorno al 2000 a. C. con la migrazione degli Indoeuropei, portatori di caratteri e lingue che sono alle radici dell’Europa. L’ospite (hospes) per gli antichi era davvero sacro; solo più tardi fu sentito a volte come hostis (ostile). Ma i greci distinguevano fra xenos= ospite straniero di stirpe greca, e bàrbaros = estraneo, come il Persiano. La xenìa era protetta da Zeus e comportava scambio di doni e legami anche con i discendenti a venire. Un proxenos si occupava dei nuovi arrivati: li aiutava e facilitava nei contatti quasi come moderno console, e doveva fare il possibile per appianare controversie e prevenire una guerra.
In quale conto fossero tenuti gli ospiti emerge dalla mitologia, dai poemi, dalle tragedie. Ad originare la guerra di Troia fu una violazione della xenìa da parte del troiano Paride che, ospite di Menelao, gli rapì la moglie Elena. Nell’Iliade, Glauco e Diomede, quando si scoprono accomunati da antichi legami di ospitalità, smettono di considerarsi nemici e si scambiano doni ospitali. Nell’Odissea, il naufrago Ulisse approdato sulla spiaggia dei Feaci è accolto benevolmente da Nausicaa (“E’ un misero naufrago e dobbiamo curarcene: gli ospiti e i poveri vengono tutti da Zeus”). Invece Polifemo, che rifiuta l’accoglienza e scaglia massi contro i naufraghi, per Omero è un “non uomo”.
Opposto è anche, nella storia, l’atteggiamento di Atene e Sparta. Lo spartano Licurgo non concesse ai suoi cittadini di viaggiare all’estero per evitare che contraessero strane abitudini , ed “espulse da Sparta le folla degli oziosi che vi confluivano senza esercitare utili attività”, come si legge in Plutarco. L’ateniese Teseo invece – è ancora Plutarco a rilevarlo – concepì un piano grandioso e ammirevole: radunò ad abitare in città tutte le genti sparse per l’Attica, e fece una comunità di un popolo fino ad allora disunito e litigioso... Risultato: Atene oggi conta 700mila abitanti ed è la capitale della Grecia; Sparta è un villaggio di appena 36mila persone. La storia dimostra che “chi include prospera, e chi esclude decade”.

Alti esempi di ospitalità sono pure nelle grandi tragedie di Eschilo, Sofocle, Euripide (nelle Supplici, in Edipo a Colono (“Atene, rifugio dell’esule, difende il forestiero maltrattato”), in Ecuba, dove il tema dell’ospitalità tradita è particolarmente forte. E Medea, chiedendo ospitalità ad Egeo, dice: “Non lasciarmi andare per il mondo esule e derelitta; ricevimi nella tua casa, al tuo focolare”). Isocrate poi prospetta addirittura una sorta di “integrazione controllata”.
Nell’antica Roma usava una “tessera hospitalis” come documento di riconoscimento e di garanzia per l’ospite e il forestiero; e un praetor peregrinus, istituito nel 241 a. C. aveva giurisdizione nelle controversie tra romani e stranieri, o tra stranieri. Il dominio di Roma si stava allora espandendo nel Mediterraneo, e il diritto romano si applicava via via al mondo civilizzato. Si può dire che il diritto internazionale nacque dall’accoglienza dello straniero e dalla necessità di regolamentare i rapporti con lui.
Il cristianesimo continuò su quella strada con motivazioni più profonde: “Venite voi, benedetti del Padre mio – si legge nel Vangelo di Matteo – e ricevete il regno preparato per voi dalla creazione del mondo. Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero straniero (xenos) e mi avete ospitato”. E, nella Lettera agli Ebrei: “Permanga la fraternità (filadelfia); non dimenticate l’ospitalità (filoxenìa)”.

Conclusione del relatore prof. Casarino: Chi accoglie si arricchisce e migliora; chi rifiuta e si chiude in se stesso non dura a lungo. Una scelta più facile, questa, ma perdente”.

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