Più o meno un anno fa il mondo occidentale era in pieno fermento per la scelta dell’elettorato americano, diviso tra Hillary Clinton e Donald Trump candidati alla Casa Bianca, un avvicinamento al voto infuocato e già nella storia, con una campagna elettorale tra le più aspre e scorrette di sempre che molti pensavano sarebbe culminata col vero fatto storico, l’elezione della prima donna Presidente degli Stati Uniti; la convinzione che ciò potesse avvenire era confermata da sondaggi e opinione pubblica, coi media ansiosi di certificarlo e il mondo dell’intrattenimento pronto a cavalcare l’onda, ma come ben sappiamo i risultati hanno lasciato molti di sorpresa.. In questo clima è nato e vissuto “Pitch”: pensato con lo scopo di incuriosire lo spettatore per le sue tematiche filo femministe, e come un giochino interessante per poter illustrare dinamiche e situazioni ancora non affrontate nella realtà; la serie parla infatti di Ginny Baker la prima donna ammessa a giocare con gli uomini nella Major League di baseball, l’impatto mediatico è devastante i riflettori puntano tutti su di lei, come il peso delle responsabilità per ciò che rappresenta, non mancano detrattori e scettici che la marcano come operazione commerciale, e in fondo non si sbagliano, perché Ginny è indubbiamente più popolare e influente della stragrande maggioranza dei suoi colleghi che la considerano come un disturbo e una minaccia per la loro posizione, l’unica che pensa seriamente a giocare pare essere solamente lei, ma non sarà facile con tutte queste pressioni.
Scontato il riferimento alla parità rappresentato mediante lo sport, dove è giusto specificare che: il non esserci competizioni di alto livello tra maschi e femmine non è per un discorso di superiorità tra uno dei due sessi, ma semplicemente per differenze anatomiche che portano a non avere una struttura fisica unitaria in grado di garantire a tutti i contendenti le stesse condizioni; la storia non è delle più originali e se vogliamo cogliere qualcosa da “Ragazze vincenti” narranti fatti realmente accaduti dobbiamo ricercare invece in “Pat, ragazza del baseball” serie animata giapponese anni ‘70 l’idea originale, ad essere buoni questo possiamo considerarlo una sorta di adattamento americano, anche se probabilmente involontario. In tutto questo l’influenza del momento storico ha una fondamentale importanza nell’arricchire il soggetto fino a spingerlo a divenire una metafora, tanto da associare la figura di Hillary a quella di Ginny: partendo dal periodo di programmazione tra settembre e dicembre a cavallo dell’election day (in Italia uscirà 8 mesi dopo) sembra impostata a seguire la “prevista” cavalcata trionfate della Clinton; la scelta della Major League di baseball, lo sport per eccellenza degli americani come palcoscenico ci vuole portare le due alter-ego al pari livello di popolarità, entrambe all’apice, ammirate e sotto la lente di ingrandimento, il paragone viene offerto immediatamente dalla manager stessa di Ginny; due donne al vertice in mondi diversi, mondi sempre in mano agli uomini ma che adesso sono pronti a cambiare.
Altri aspetti analoghi li troviamo anche nel contorno, entrambe si affidano ad un cospicuo entourage: dove la manager, l’allenatore, gli sponsor e tutti gli altri attorno alla figura di Ginny possono corrispondere ad uno staff presidenziale: come gli avversari in campo e nei palazzi e i detrattori pronti a spingere giù dal piedistallo, la politica che costringe una sportiva ad essere anche diplomatica, perché diviene ambasciatrice delle donne, degli afroamericani e si porta sulle spalle il peso di tutti loro, come un presidente si porta quello di una nazione e di tutte le sue responsabilità. Tutto questo nelle intenzioni, i risultati elettorali hanno fatto sì che le strade si dividessero, e se Ginny è stata la prima donna nella Major League di baseball Hillary non è stata la prima Presidente, e il cartello sventolato dalle ragazzine “I’m the next” (sarò la prossima)usato come lancio, rappresentante la via aperta a tutte loro e presente fin dai primi episodi, scompare negli ultimi dopo la sconfitta della Clinton, quando il “Prima” non c’era più stato, dimostrando che l’accostamento non era poi tanto casuale; chi conosce il mondo delle serie sa quanto esse siano in bilico tra vari fattori e gli interventi in corso d’opera non infrequenti, e il fatto che una seconda serie programmata sia stata poi cancellata conferma come i destini di entrambe fossero incrociati, e di come non sia ancora arrivato il tempo per loro, lasciandoci una serie tutto sommato godibile indubbiamente caricata di significato dal particolare momento storico, probabilmente azzardata, ma il rischio fa parte del business e anche dello sport.