Un fumetto in biblioteca: La saga di Paperon De’ Paperoni di Keno Don Rosa.

Keno Don Rosa compone la biografia del papero più ricco del mondo, raccogliendo minuziosamente i riferimenti delle storie di Carl Barks e inserendoli in un preciso quadro storico. Il risultato è un affresco complesso, minuzioso, divertentissimo, tra storia, fantasia, letteratura e umorismo.

Sono cresciuto come tanti, come tutti nel mio rione, leggendo Topolino. Negli anni sono rimasto affezionato a quel curioso mondo dolciastro, fatto di topi e paperi dotati di un'umanità posticcia, piegati ad ogni declinazione di genere, dalla commedia al noir, in cui il gioco della fantasia ha sempre cura di fermarsi sempre un passo prima di toccare le sfumature più crude della realtà. Un mondo in cui non ci sono padri e figli ma solo zii e nipoti, non esistono matrimoni ma solo eterni fidanzati, dediti a pudichi baci sulle gote ed a romantiche passeggiate mano nella mano. Nessuno invecchia, nessuno cresce, tutto è cristallizzato in un immutabile e rassicurante bolla, in cui il tempo sembra non scorrere e che, misteriosamente, negli anni si attualizza. Nelle vignette iniziano a comparire tablet e social network in mano agli stessi paperi che, nel loro eterno presente, qualche anno prima maneggiavano gettoni per telefonare nelle cabine.

È la logica del canovaccio, tipica della produzione fumettistica usa e getta, di pura evasione: nulla di nuovo sotto il sole. Da bambini non si colgono queste sfumature. Ho continuato a frequentare quelle storie con divertimento, svago e profitto anche crescendo (ho imparato più cose della scrittura e della lingua italiana leggendo le sceneggiature di Guido Martina che tanti libri per ragazzi), con un'inclinazione per le storie brevi, possibilmente divertenti, piuttosto che quelle lunghe, a puntate, dalle tematiche più serie e dunque più intrise di indigesta retorica. Anche per questo, quando in casa mi capitò il volume Paperdinastia (un regalo degli zii: che Dio li abbia in gloria), lo attaccai con ritardo e diffidenza. Il libro prometteva la storia della famiglia dei paperi e specialmente della fortuna di Paperone. All'epoca le storie interminabili e strappalacrime in cui il protagonista si trascina da un disagio all'altro fino all'inevitabile apoteosi finale mi erano particolarmente intollerabili. Di questo devo ringraziare qualche filmaccio hollywoodiano, certi anime giapponesi che tuttora popolano i miei incubi, e le terrificanti riduzioni per bambini dei classici della letteratura. Quando si è piccoli c'è questa curiosa idea per cui non si è in grado di leggere troppo, allora ti rifilano questi libracci in cui la storia è condensata in poche righe di prosa anonima, annullando completamente la verve e l'abilità narrativa dell'autore, che normalmente gioca un ruolo decisivo nel fascino del testo.

Questo interminabile cappello autoreferenziale ha uno scopo: cercare di far capire al lettore quale illuminazione sia stata, per un ragazzino tra le medie e le superiori, il cui mondo fumettistico iniziava dalle storie autoconclusive di Topolino e del Giornalino e finiva nei cartoni animati del pomeriggio, scoprire La saga di Paperon De' Paperoni.

Mi unisco a un coro già abbastanza nutrito di appassionati ed esperti del settore nel dire che, indiscutibilmente, di tutta la produzione fumettistica Disney, Carl Barks e Keno Don Rosa sono stati le punte di diamante assolute, in termini di qualità e spessore della narrazione. Quello che hanno fatto con i personaggi di Paperino e Paperone ha del miracoloso. Prima che Barks prendesse in mano la matita Paperino era una specie di macchietta iraconda, maligna e sfigata, praticamente un personaggio slapstick, visto che le sue parole erano per lo più inintelligibili nei corti d'animazione .

Zio Paperone lo ha inventato e ne ha fatto un personaggio a metà tra l'Avaro di Molière e un serbatoio inesauribile di storie. Barks e i tantissimi maestri del fumetto venuti dopo di lui (tra cui gli italiani Scarpa, Carpi e Cavazzano, per citarne tre tra i più noti) hanno trasformato due personaggi secondari, due caratteristi, poco più di due comparse destinate unicamente a far da spalla al capocomico, in due personalità tanto complesse da superare e oscurare il personaggio principale stesso. Topolino, il principe di tutto l'universo Disney, in tanti anni è rimasto sostanzialmente un personaggio bidimensionale: l'arguto paladino del bene, lo Sherlock Holmes del politicamente corretto che vince sempre, o il vincente che viene messo in ridicolo. Un po' come John Wayne, più che un attore l'incarnazione di un personaggio, il duro della frontiera, l'icona del pioniere americano. Nella seconda parte della sua carriera piegò questa maschera nell'interpretazione di commedie divertenti, in cui la forza comica scaturiva, per lo più, dall'accostamento del suo personaggio a situazioni inconsuete, scoprendone i punti deboli e mettendoli in ridicolo. L'immagine più rappresentativa di questa metamorfosi è forse la sua apparizione in un programma televisivo americano, indossando un colossale costume da coniglio.

Keno Don Rosa è salito sulle spalle di Carl Barks e ha trasformato Paperon De Paperoni in un personaggio letterario del Novecento. La passione personale mi dice tra i più riusciti, ma è un giudizio più dettato dal cuore che dalla razionalità.

Don Rosa è stato l'unico a uscire dalla logica d'evasione, dell'eterno gioco al canovaccio del fumetto Disney per creare un mondo definito. Ha dato riferimenti cronologici precisi a tutte le sue storie: anche quelle più brevi e semplici, che non hanno uno sfondo, un contesto elaborato, sono ambientate sempre nella stessa epoca, tra gli anni '50 e '60. Innamorato dello zione di Barks, dei continui rimandi storico-letterari di cui le sue storie erano infarcite e dei monologhi del vecchio papero brontolone, iniziò a chiedersi se fosse possibile raccogliere tutti quegli indizi, tutti quei frammenti in un mosaico coerente. Come uno storico della fantasia, iniziò a collazionare storie e vignette, albi di fumetti e libri di storia, con il folle e geniale obiettivo di ricostruire una biografia filologica e ragionata della vita di Paperon De' Paperoni e, laddove possibile, dei suoi antenati. Questi sforzi sono confluiti in una storia lunga divisa in dodici capitoli, più altre storie indipendenti che raccontano e approfondiscono episodi che la saga si limita a citare o raccontare brevemente. In tutto, il corpus delle storie dedicate alla vita di Zio Paperone conta 22 episodi, (i 12 della saga più 10 supplementari). Il risultato è un colossale romanzo di formazione in cui si assiste alla maturazione, attraverso le vicissitudini della sua complessa vicenda, del personaggio di Paperon De' Paperoni. Ultimo discendente di un clan scozzese decaduto, lascia a pochi anni la sua terra natale, ispirato dalla propria ambizione, dal desiderio di ricchezza, di riportare agli antichi splendori la propria famiglia, e dal suggerimento dello spettro dell'antenato Quaquarone, che veglierà con discrezione su di lui per tutta la Saga. Raggiunge in America lo zio Manibuche, giocatore d'azzardo e capitano di vaporetti sul fiume con cui inizierà a lavorare. In seguito il giovane Paperone si sposterà nelle terre del Montana, facendo il mandriano, viaggerà nelle Indie occidentali sui clipper inglesi, sarà cercatore d'oro in Africa nel Transvaal, muoverà nei deserti australiani, per poi tornare nuovamente in America per partecipare alla corsa all'oro del Klondike, dove finalmente, come è noto, troverà la propria strada e si confronterà con la crescita della propria fortuna e la costruzione del proprio impero. Un affresco straordinariamente accurato, intrecciato con la storia in modo così serrato e preciso che quasi ci si dimentica di avere a che fare con paperi e animali antropomorfi. Un lungo percorso durante il quale Paperone si trova a dover affrontare temi come la miseria, il legame con le proprie radici, l'affetto per la propria famiglia, il sacrificio, la tentazione del vizio, l'amore, l'incomunicabilità e, soprattutto, l'onestà. Il rigore morale con cui si costruisce la propria fortuna è un tema nevralgico, che percorre l'intera Saga. Paperone non è un personaggio incorruttibile: commette degli errori, talvolta ha dei cedimenti, di cui paga le conseguenze. Negli ultimi capitoli si abbandona a un'unica azione disonesta, che segna in modo indelebile la sua personalità e i rapporti con le sue sorelle, le ultime rappresentanti della sua famiglia. Già perché, negli anni, si trova ad affrontare la perdita dello zio, della madre e del padre (mentre le prime due sono evocate o sottintese, la terza viene rappresentata: è l'unico caso nella storia del fumetto Disney).

Raccontare in poche righe tutti i contenuti di questa lunga ed articolata storia è impossibile, anche per la complessità dei rimandi interni e dei riferimenti. Meriterebbe un approfondimento a parte la tormentata storia d'amore con Doretta Doremi, la Stella del Polo, primadonna e proprietaria della sala da ballo Bolla d'oro (l'ultimo capitolo aggiuntivo disegnato da Don Rosa, La prigioniera del Fosso dell'Agonia Bianca, allude scopertamente a un rapporto sessuale tra Paperone e Doretta. Anche qui siamo davanti a un unicuum nella storia del fumetto Disney e forse non è un caso che questa storia sia stata ristampata per la prima volta in Italia solo l'anno scorso dopo la sua prima pubblicazione su Zio Paperone nel 2006).

Sicuramente uno dei modelli principali per Don Rosa sta nel film Citizen Kane di Orson Welles (in italiano Quarto Potere) di cui il disegnatore riprende integralmente la sequenza d'apertura, all'inizio del tredicesimo e ultimo capitolo. Narrativamente, nella cesura tra questa sequenza e il resto dell'episodio, si innesta Paperino e il Natale a Monte Orso di Carl Barks, la prima storia in cui compare Zio Paperone, in un delicatissimo gioco registico-fumettistico. È solo una delle tantissime finezze che Don Rosa inserisce nelle tavole, citando e riferendosi costantemente alle storie di Barks. Altri esempi sono l'incontro con il professor Cuorcontento, all'inizio del terzo capitolo, riferito a una delle storie più note di Barks, Zio Paperino e il Mistero degli Incas, (di cui Don Rosa, tra l'altro, scrisse un gustoso sequel: Paperino e il ritorno a Testaquadra) o l'incontro con Cuordipietra Famedoro, il suo principale antagonista nelle storie americane, che è un ottimo esempio per mostrare quanto vada nel dettaglio la lente di ingrandimento di Don Rosa. La vicenda del loro incontro occupa un intero capitolo, ma Paperone non ne apprende il nome, che viene rivelato al lettore solo alla fine. Infatti, nella prima storia di Barks in cui compare Cuordipietra (Zio Paperone e il torneo monetario), Paperone non dà segno di conoscerlo né di averlo mai incontrato prima. Allo stesso modo, nella seconda parte del secondo capitolo, senza alcun motivo apparente, il battello dello zione viene ritratto con i fumaioli danneggiati. Si tratta di un riferimento alla storia Zio Paperone e la gara sul fiume.

Questa grande storia è raccontata da Don Rosa con un tocco eclettico: sa passare dall'ironia al dramma senza mai perdere in credibilità, profondità ed espressività. Il suo particolarissimo stile di disegno, caratterizzato da una ricchezza e una minuziosità tale da far pensare alla scuola di pittura fiamminga del'400: è una vera e propria festa per gli occhi. Ogni volta che si riprende in mano la Saga si nota almeno un dettaglio che non si era mai visto in precedenza. Quasi in ogni striscia si trovano più “microstorie”, gag che coinvolgono elementi della scena, magari piccoli animaletti. Uno stile che contribuisce in modo decisivo al piacere, essenziale per questo fumetto, della rilettura. Leggerlo per la prima volta è un'esperienza gradevolissima, rileggerla con attenzione, vignetta per vignetta, ancora di più.

La Saga di Paperon De' Paperoni è sicuramente uno dei fumetti più importanti di tutta la produzione Disney, uno dei capolavori del fumetto internazionale. I giovani lettori che non la conoscono ancora vi troveranno una fonte di divertimento e di ispirazione in grado di accompagnarli per molti anni.

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