"Viaggio al termine della notte" è il primo e più celebre romanzo di Louis-Ferdinand Céline (1894-1961), composto nel 1932 e dedicato al racconto delle vicissitudini del suo alter ego Ferdinand Bardonu, reduce della Grande Guerra perso in un tormentato, nichilistico pellegrinaggio tra Europa, Africa, America... Nell'opera l'autore mostra la sua visione pessimistica sull'essere umano e la sua rappresentazione spietata dell'oppressione ("Ve lo dico io, gentucola, coglioni della vita, bastonati, derubati, sudati da sempre, vi avverto, quando i grandi di questo mondo si mettono ad amarvi, è che vogliono ridurvi in salsicce da battaglia... È il segnale... È infallibile. È con l'amore che comincia."). Tutto ciò lo fece definire inizialmente da alcuni critici un "romanzo comunista"; mentre in seguito Céline venne accaparrato - semplicisticamente - dalla destra nostalgica: è in realtà e in buona sostanza, politicamente, un anarchico sulfureo e disilluso (qui
una disamina, tra luci ed ombre). Il critico Cesare Cases, di origine ebraica, lo vedeva come un figuro "da stampare la mattina e fucilare il pomeriggio": ma per lui, comunque, il più grande autore del Novecento.
Ne parlavo al circolo Lionetto con l'amico Paolo Somà, storico attento a coniugare il locale con il globale (basti il suo studio, appunto, su Lionetto di Clarence, che possedette nel medioevo dei feudi nel monregalese: ma questa è un'altra storia, ne parleremo una prossima volta. Intanto, vedi qui): e proprio Paolo mi ha rivelato una sua gustosa trouvaille, che collega Céline alle nostre terre.
Il romanzo venne infatti tradotto in Italia per la prima volta dal 1933: la traduzione è firmata Alex Alexis, ma si tratta di Luigi Alessio (1902-1962), originario di Caramagna Piemonte, in provincia di Cuneo nei pressi di Racconigi. L'Alessio- di famiglia agiata, ma rimasto orfano nel 1911 - avrebbe studiato perfino in Seminario a Mondovì, prima di scoprire una fascinazione per D'Annunzio, fuggendo per divenire uno dei suoi legionari fiumani nel 1920. Terminato il conflitto, riprese svogliatamente gli studi - in legge - a Torino e vi fondò la rivista Teatro (1923) e l'editrice Rinascimento che poi cedette nel 1926 per recarsi l'anno seguente Parigi. Pubblicò vari drammi e un primo romanzo, "In grigio e in nero" (1931), tradotto anche in francese. A Parigi visse da bohemién a Montparnasse. Il Corbaccio di Dall'Oglio, per intercessione dell'amico Dauli, gli affidò quindi la traduzione dell'opera in virtù della sua conoscenza ormai buona, dopo sei anni, dell'argot parigino, di cui scrisse anche un dizionario. Ernesto Ferrero, il ri-traduttore di Céline, spiega comunque le enormi difficoltà stilistiche affrontate da Alexis, qui: l'autore cuneese affrontò comunque anche le "Bagatelle per un massacro" e "La scuola dei cadaveri". Nel 1934 tentò una nuova impresa editoriale francese, ma anche questa venne abbandonata nel 1935; nel 1939, con lo scoppio del conflitto, è di nuovo a Caramagna. Nel dopoguerra scrisse quello che è giudicato il suo romanzo principale, "Due soldi di gloria" (1946), ma anche questo si rivelò un fallimento, mentre problemi di salute sempre più gravi lo trascinarono in tempi relativamente brevi alla morte, a soli sessant'anni, nella natia Caramagna, ormai isolato nel nuovo clima culturale dove non poteva che esser visto con sospetto.
Alexis morì nel 1962, un anno dopo Céline, il genio del Novecento che è causa della sua - minore, ma non inesistente - notorietà: fondamentalmente, Alessio/Alexis è molto simile al suo idolo, un anarchico individualista di destra caduto a lungo nel dimenticatoio per la sua "impresentabilità" politica. Qui
un suo ampio profilo biografico, il più esaustivo trovato online. Insomma, una connessione perlomeno curiosa, che meritava di essere ricordata con queste righe, e magari, chi lo sa, in futuro con una serata céliniana letta - sarebbe l'ideale - in un confronto di traduzioni.