Cosa trasforma un buon cantautore nella nuova promessa del genere nella musica pop italiana? Di sicuro la voglia di credere in un progetto e nella dedizione al lavoro, ma sicuramente anche nella capacità di trovare un'interpretazione ai sogni, agli stimoli, le azioni e le pulsioni della gente o di una generazione, riuscirli a tradurre in parole e creare poi quel paesaggio narrativo, fatto di personaggi, affreschi storici, mondi descrittivi e paradisi immaginifici, capaci di portare l'ascoltatore a trovare una forma di impersonificazione o una declinazione del proprio pensiero o, addirittura, del proprio io. Della generazione dei cantautori emersi alla fine degli anni zero in italia, tra i quali ricordiamo, tanto per citarne qualcuno, Dente, Le Luci della Centrale Elettrica e Colapesce, Dario Brunori è quello che più degli altri è stato capace a riscrivere gli stilemi del cantautorato che aveva avuto successo negli anni '70 prima (con Venditti, Dalla, Vecchioni, Gaetano) e negli successivi '80 e '90 (da Barbarossa e Carboni a Fabi, Gazzè e Silvestri), trovando un giusto mix tra una patina di nostalgia ("palloni arancioni sgonfiati", allusione ai classici Supersantos), temi importanti (dalla famiglia al rapporto con il diverso, oppure lo storico "viaggio" che separa il sud dal nord o ancora la necessità di trovare risposte al rapporto con la morte) e voglia di creare aggregazione.
Il live di Torino al Flowers Festival è stato, per tutte queste ragioni, l'apoteosi estiva per la Brunori sas: un collettivo di musicisti (7 sul palco) che cercano un contatto continuo e diretto con il pubblico, all'interno di un'atmosfera a metà tra la suonata in famiglia e la sagra paesana. Dario Brunori è un ottimo comunicatore, cerca di tradurre temi importanti in modo semplice, accessibile a tutti; è entrato perfettamente nel ruolo del cantautore come lo si è inteso dalla nascita del genere, un po' caciarone, un po' "maitre à penser", coinvolgente e riflessivo. Presenta quasi interamente il quarto disco, con qualche ritorno sui lavori precedenti, e si prende la licenza di stravolgere alcune sue canzoni più vecchie (Lei, Lui, Firenze e Italian Dandy) oppure di presentare due volte il primo singolo dell'ultimo disco, La Verità, con due diversi arrangiamenti: con la band in apertura e voce e pianoforte, comre primo brano dell'encore.
Indubbio che Brunori abbia raggiunto un successo in termini di pubblico e di critica considerevole, che sia oramai lanciato ad essere uno dei cantautori di punta di questo decennio. Vista l'evoluzione avuta nell'arco di questi primi 10 anni di carriera non resta che aspettare la prossima mossa, e intanto godersi un disco, come A Casa Tutto Bene, tra i migliori prodotti nel nostro paese in questo 2017.
Brunori sta bene, e non solo a casa
Il cantautore cosentino con il nuovo tour e il quarto album fa le prove per una nuova dimensione da "divo"