Dopo tante vicissitudini (tra cui un'apertura milanese, poi cancellata) la mostra “Pink Floyd: Their Mortal Remains” sbarca in Italia: è un evento imperdibile per il numeroso popolo degli appassionati della band inglese. L'esposizione è una retrospettiva sulla carriera della band, una delle più importanti della seconda metà del Novecento, curata dagli stessi protagonisti di quella straordinaria avventura. Il batterista Nick Mason, che negli anni è diventato un punto di riferimento per la memoria storica dei Pink Floyd (è autore di una biografia della band), ha affiancato direttamente i curatori nella scelta dei memorabilia e nella preparazione del percorso. Tutti i membri della band hanno contribuito fornendo tanti cimeli: non soltanto manifesti o merchandising d’epoca, ma attrezzistica di scena e la strumentazione con cui sono stati registrati gli album che hanno fatto la storia. Se c’è una cosa che ha sempre caratterizzato i Pink Floyd è la loro multimedialità: la capacità di coordinare, in un unico contenitore artistico, che sia un album o uno spettacolo, più forme d’arte, da quella sonora-musicale a quella visiva-teatrale, unendo lo sforzo creativo di tanti professionisti e gli ultimi ritrovati tecnologici per creare qualcosa in grado di colpire profondamente gli spettatori. I Floyd non hanno mai arretrato di un passo davanti alle grandi prospettive, negli anni hanno partorito dei progetti sempre più faraonici, in grado di ridefinire, ogni volta, gli standard del mondo dello spettacolo. Una mostra che si pone l’ambizioso progetto di offrire uno sguardo complessivo sulla storia di questa band non poteva certo ridursi a diventare il classico percorso con qualche foto, due altoparlanti e quattro oggetti sugli scaffali. “Their Mortal Remains” è un vero e proprio percorso multimediale, che interessa tutti i sensi dello spettatore, immergendolo in un viaggio audiovisivo estremamente coinvolgente. La mostra ha aperto i battenti per la prima volta a Londra il 13 maggio per chiuderli a ottobre, per poi trasferirsi in vari paesi europei. Diamo un’occhiata alle sue sale nell’allestimento londinese, che non dovrebbe differire di molto da quello visibile a Roma, salvo che per qualche oggetto in esposizione più direttamente legato all’esperienza dei Floyd nel nostro paese (come i live a Pompei e a Venezia).
All’inizio della mostra tutti i visitatori vengono dotati di un apparecchio radio dotato di cuffie Seenheiser, partner della mostra. Nelle varie sale e in singoli punti, infatti, viene diffuso tramite il segnale radio musica o contenuti audio vari, spesso le tracce sonore di contenuti video che vengono proiettati nelle sale. L’esposizione ripercorre la carriera della band in ordine cronologico: si comincia con gli anni della Swingin’ London e della Psichedelia, in cui i giovanissimi Pink Floyd capitanati da Barrett, si facevano strada nell’underground londinese con i loro singoli stralunati e i loro lunghissimi viaggi strumentali.
Dalle bacheche occhieggiano fotografie, chitarre e bassi di allora, mentre appesi alle pareti ci sono alcuni elementi scenografici usati dalla band, tra cui un grande fiore a specchi che utilizzarono durante i concerti all’Ufo di Londra. Procedendo nelle sale gli spettatori incontrano contributi video, interviste e altro materiale legato ad ogni album realizzato dalla band.
La realizzazione di The Dark Side of the Moon, come si può immaginare, segna un importante spartiacque nella storia del gruppo: si entra in una sala completamente buia, occupata solo dall’ologramma rotante del celebre prisma, mentre nelle cuffie risuonano le tracce del celebre album. Da quel momento in poi la creatività dei Pink Floyd ha cominciato a unire musica e arte visiva in modo sempre più completo e massiccio e gli spazi dedicati agli album successivi si fanno sempre più scenografici e mastodontici, fino ad arrivare all’impressionante sala dedicata ad Animals e a The Wall. Lo spettatore si imbatte in un enorme scultura, alta diversi metri, raffigurante la copertina dell’album, attorniata dai fantocci gonfiabili originali, utilizzati nei mastodontici live del 1980-81.
Poco più in là, un grosso modello della Battersea Station raccoglie intorno a sé le fotografie della celebre sessione fotografica con “Algie” il maiale gonfiabile issato tra le ciminiere della centrale elettrica per la copertina di Animals. Sulle pareti e nei contributi video si vedono testimonianze delle scenografie live usate in quei tour, i progetti degli architetti di scena, compreso il progetto di un arena interamente gonfiabile in cui fare concerti che però non fu mai realizzato.
Le ultime sale sono dedicate al breve periodo che seguì l’abbandono di Roger Waters, con gli album “Momentary Lapse of Reason” e “The Division Bell” ma soprattutto con gli spettacolari tour che li promossero, durante i quali tennero i celebri live a Versailles e a Venezia. Non poteva mancare “Pulse” l’’ultima pubblicazione live, testimonianza del “The Division Bell Tour” forse il loro live più sfarzoso.
Tra le altre cose, si possono vedere esposti alcuni pezzi della colossale sfera riflettente che si apriva sul palco durante “Confortably Numb”. Un piccolo spazio viene anche dedicato all’ultima uscita discografica della storia del gruppo, “The Endless River” l’omaggio dedicato al tastierista Rick Wright scomparso nel 2008.
L’ultima sala della mostra è una vera chicca. Si entra in una sorta di arena quadrata, con proiezioni su tutte le pareti, un impianto luci imponente con tanto di laser. Vengono proiettate alcune esibizioni della band nelle varie fasi della sua storia, per finire con l’indimenticabile set del Live 8 del 2005: l’ultima volta in cui i quattro membri storici hanno suonato insieme. Un perfetto commiato ad alto tasso emotivo, che conclude il viaggio nella memoria.
La leggendaria "Black Strat" di David Gilmour
Alcune tra le tastiere e i Synth utilizzati da Rick Wright nella registrazione di "The Dark Side of the Moon" e "Animals"
Schizzo per le scenografie del tour "The Wall" del 1980
"The Wife" pupazzo di scena per "The Wall" 1980/81