Il non-giovane Hendel: fantascienza comica all’italiana.

Paolo Hendel porta alla stagione teatrale monregalese il suo ultimo lavoro, "In fuga da via Pigafetta", ed è subito tutto esaurito. Una commedia agrodolce ci racconta il futuro distopico del 2080, tra colonie su Marte e una Terra in declino...

Colpisce abbastanza il cartello “Tutto esaurito” davanti al portone del teatro Baretti, che testimonia come anche questo secondo appuntamento della nuova stagione teatrale monregalese sia andato oltre le più rosee previsioni. Del resto, è di scena un nome di primo piano come Paolo Hendel, con la sua prima commedia originale, di cui l’autore ha già parlato in anteprima qui  (/CultureClub-51/Teatro-Danza/A-tu-per-tu-con-Paolo-Hendel) con Culture Club.

“In fuga da Via Pigafetta” è una sorta di spaghetti-cyberpunk all’italiana, ambientato in un 2080 abbastanza apocalittico. La scena comincia con una voce fuori campo che annuncia stentorea le magnifiche sorti e progressive dell’età dell’Internet, e poi si interrompe sul più bello. Metateatro, capisce subito lo spettatore più smaliziato: una raffinata metafora per indicare come questo futuro è tutt’altro che un’utopia. Invece no, è proprio un guasto tecnico. La cosa però offre a Hendel lo spunto per dimostrarsi subito il grande mattatore che è, uscendo a rabbonire il pubblico strappando scroscianti applausi. Il comico ne approfitta per accennare a qualche informazione sull’opera, precisando anche che Gioele Dix, coautore, non è con lui in scena come annunciato dai depliant, ma solo regista (l’assessore alla cultura Luca Olivieri ci confida che non gli spiacerebbe portarlo a Mondovì per un fuori programma).

Poi lo spettacolo comincia davvero, e vediamo che l’incidente iniziale tutto sommato poteva essere in sintonia con la commedia: il protagonista Nestlé Monsanto Mitsubishi, interpretato ovviamente da Hendel, è un sessantenne del 2080 (nato quindi più o meno ai nostri giorni...) che vive su una Terra iperinquinata, in un’Italia decadente (che ha rifiutato lo Ius Soli, e quindi ora è abitata solo da vecchi...). Un protagonista ipocondriaco, agorafobico, ripiegato su sé stesso, cui fa da contrasto la briosa figlia Carlotta, giovane e avventurosa ( interpretata dalla brava Matilde Pietrangelo), che Nestlé ha salvato dal destino di chiamarsi Dolce Euchessina.  I nomi delle persone assegnati come pubblicità alle multinazionali è un’idea che ricorda da vicino Infinite Jest di David Foster Wallace (dove invece erano gli anni a prendere il nome da queste), anche se sicuramente nel brave new world di Hendel l’idea sarà venuta a Carcarlo Pravettoni in uno dei suoi ultimi guizzi da imprenditore geniale. Si colgono ovviamente rimandi possibili alla fantascienza (il tema della terraformazione di Marte sembra ispirato a Total Recall, il film con Arnold Schwarzenegger più che il racconto di Philip K. Dick), ma la futurologia da science fiction è un brillante e riuscito pretesto per ripresentare in chiave avveniristica i grandi classici da stand up comedian, ovvero la satira sulle idiosincrasie di questo nostro presente sufficientemente paranoico di suo da costituire, da solo, la migliore distopia possibile. Ce n’è per tutti, da grandi classici come i vegani e i dipendenti da cellulare, a gustosi sketch sull’alimentazione futura a base di succosi insetti proteici, per passare dalla creazione di organi di riserva in serre biologiche (indovinate quale ossessiona il nostro Nestlé) alla fastidiosissima coppia domotica formata dal computer domestico e dal frigorifero intelligente/salutista. Uno spettacolo quindi brillante e divertente, con un leggero retrogusto dolceamaro: un altro bel successo di questa stagione, in attesa del Quintetto di teatro-danza che ci attende ad aprire il 2018.

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