Porterà in scena, nella serata di giovedì 19 aprile, uno spettacolo con cui sta girando con successo l’Italia da un paio d’anni: “Vorrei essere figlio di un uomo felice”
Lo conosciamo tutti per un personaggio. L’automobilista perennemente, inevitabilmente, immancabilmente furioso come una belva, l’uomo che sconta le contraddizioni, gli imprevisti, i problemi che affliggono l’utente della strada e sfoga tutta la propria frustrazione, la rabbia dell’uomo moderno alle prese con un’esistenza ancora più ricca di imprevisti, scocciature, incomprensibili paradossi. In altre parole, il nostro riflesso nello specchio, che comprendiamo immediatamente perché parla la nostra lingua. L’idioma dei cattivi pensieri che ci sorprendiamo ad avere di fronte a un pedone troppo placido o un ciclista troppo invadente. Questa ironica e intelligente maschera è solo uno dei tanti volti che ha assunto Gioele Dix nel suo repertorio. Straordinario attore, David Ottolenghi (questo il suo vero nome) ha condotto una carriera poliedrica e formidabile, confrontandosi con il cabaret come con la drammaturgia antica, moderna e contemporanea. Dix ha recentemente intrapreso anche il punto di vista del regista, curando la resa scenica di diversi spettacoli, tra cui “In fuga da via Pigafetta” di Paolo Hendel che abbiamo potuto vedere a Mondovì pochi mesi fa. Tornerà al Baretti una seconda volta in questa stagione, stavolta da protagonista.
Porterà in scena, nella serata di giovedì 19 aprile, uno spettacolo con cui sta girando con successo l’Italia da un paio d’anni. “Vorrei essere figlio di un uomo felice” affronta di petto un tema intorno a cui Dix sta lavorando da alcuni anni: il rapporto tra padri e figli. In questo monologo Dix parte da uno dei testi fondanti della nostra letteratura, l’Odissea di Omero, e ne prende in esame i primi 4 canti, una parte del testo un po’ dimenticata. Già perché la trama del poema, non-lineare (a differenza dell’Iliade che segue una narrazione retta), comincia con Telemaco, il figlio di Ulisse, che intraprende un viaggio alla ricerca del padre scomparso. Il ragazzo non riesce a ritrovarlo, ma arriva a scoprire forse qualcosa di più su di lui, di cui ha ricordi vaghissimi. Ulisse prese la via di Troia quando il figlio era molto piccolo. Dix racconta questo viaggio con ironia, indaga a fondo nell’animo di Telemaco, nei suoi interrogativi, nel suo rapporto con il genitore assente, mettendo a fuoco il tema della paternità, uno dei temi più sensibili e delicati dell’esperienza umana. Ed è impossibile non notare un filo rosso, che corre tra questo lavoro e il libro pubblicato dall’attore nel 2014 “Quando tutto questo sarà finito” in cui ripercorreva la difficile storia del padre e del nonno, alle prese con le leggi razziali negli anni difficili della seconda guerra mondiale. Una storia per tanti anni completamente sconosciuta all’autore, fino al giorno in cui, in una lunga chiacchierata, non è riuscito a indurre il genitore a rivelargliela. Quello che emerge da “Vorrei essere il figlio di un uomo felice” dunque è più che mai un nuovo capitolo di una riflessione viva sulla paternità, ma anche, e forse soprattutto, su chi vive il rapporto dall’altro punto di vista, quello del figlio. Perché tutti, arrivati a un certo punto della vita, ci siamo dovuti interrogare su quanto davvero conoscessimo i nostri genitori. In un certo senso, in ogni figlio, nessuno escluso, si rinnova il viaggio di Telemaco.