«Meno profughi nel Monregalese e solo nei Comuni che ancora non li accolgono»

La promessa del prefetto ai sindaci, che lanciano il progetto di gestire direttamente l'accoglienza. Ecco come.

Avevano chiesto un stop assoluto, hanno ottenuto una forte limitazione. La si veda come si vuole, successo o fallimento, ma è comunque innegabile che la posizione unica e netta dei sindaci monregalesi è servita a qualcosa. Dei prossimi arrivi di profughi in Granda, che potrebbero essere circa 1.600, soltanto un centinaio verrà ospitato nel Monregalese. E nessuno verrà alloggiato nei Comuni che già li ospitano. In attesa della mossa successiva: costituire anche nel Monregalese una rete SPRAR di assistenza di secondo livello.

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Non uno stop, ma una riduzione
La risposta della Prefettura è un parziale accoglimento dell’istanza. Uno stop completo non è possibile: ma il prefetto di Cuneo, il dott. Giovanni Russo, ha garantito ai sindaci che dei prossimi arrivi in Granda (si parla di altri 1.500 profughi, forse anche di più), nel Monregalese ne saranno destinati solamente un centinaio. Ma soltanto nei Comuni che ancora non ne ospitano: quindi gli arrivi per Mondovì e per le altre zone che già hanno accoglienze in corso, si fermano qua.

Soddisfatti?
«A metà – spiega Mirco Spinardi, primo cittadino di Farigliano e presidente dell’Assemblea dei sindaci in seno al Cssm –. Siamo soddisfatti, ed io in primis, per esserci presentati dal prefetto con un documento condiviso, un segnale forte e che, in parte, ha dato i suoi frutti. Sebbene un blocco degli arrivi sia stato escluso, il prefetto ci ha rassicurato che la sua intenzione è quella di una distribuzione più equa sul territorio e ciò si traduce in una diminuzione sensibile dei profughi rispetto a quanto avvenuto in passato. L’ipotesi è quella di un centinaio di nuovi migranti in arrivo, che verranno accolti nei Comuni che oggi ancora non li ospitano. Per quanto riguarda il secondo aspetto, quello relativo allo SPRAR, ci è sembrato corretto presentare al prefetto un’opzione in cui i Comuni del Cssm, possano essere parte attiva in questa fase di accoglienza e non dover sempre e solo subire arrivi incondizionati senza alcuna voce in capitolo. Con una gestione pubblica, il controllo sarebbe alla luce del sole e più efficace e non in balìa di semplici logiche di profitto».

Rete SPRAR: cos’è e come funziona
La sigla SPRAR sta per “Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati”. Si tratta di una rete di Enti locali, come per esempio i Comuni (in questo caso, capofila sarebbe il CSSM), che lavorano assieme per occuparsi del problema dei profughi dopo che questi sono arrivati. Oggi il sistema funziona così: i profughi arrivano, vengono alloggiati in strutture (o da cooperative) pagate per accoglierli, e stop. Agli alberghi e alle coop spetta un minimo di “assistenza” (corsi di lingue, etc) che però spesso non hanno grande successo. In sostanza, i profughi vengono accolti ma poi non vengono integrati. «La nostra opinione – scrivono i sindaci – è che la gestione dei richiedenti asilo non debba essere lasciata esclusivamente all’iniziativa di soggetti privati, in alcuni casi animati da mere logiche di profitto. Se la Prefettura recepirà le nostre richieste, noi vogliamo aderire alla rete SPRAR al fine di favorire una programmazione degli arrivi ed un’equa distribuzione dei richiedenti asilo sul territorio».
Come funziona questa “rete”? In pratica, con lo SPRAR sono i Comuni a gestire i progetti di accoglienza. Non si limitano ad alloggiare i profughi in case o alberghi (come accade ora), ma organizzano percorsi di inclusione al lavoro, si occupano delle pratiche legali, trovano modo per inserire i rifugiati in un’ottica di vera integrazione. I Comuni aiutano i profughi ad accedere alla sanità pubblica, alla scuola per i bambini o ai corsi (anche di lingua) per gli adulti, spiegano come fare per ottenere il ricongiungimento familiare, l’iscrizione anagrafica, eccetera. I Comuni, attraverso lo SPRAR, non solo confermano di aver recepito benissimo i principi di accoglienza e assistenza umanitaria, ma gestiscono direttamente il welfare. I finanziamenti si ottengono accedendo al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo (FNPSA).

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