Svuotato dalla riforma, verrà riempito dalle buone soluzioni. Ormai è questione di mesi: il Tribunale di Mondovì Piazza, depauperato di Procura e cancellerie civili, tornerà “al completo” col trasferimento dei Giudici di pace, della Guardia di Finanza e degli uffici Agricoltura e Urbanistica di Provincia e Regione. Già pienamente operativi gli uffici dei giudici di pace, che hanno cominciato le udienze nelle nuove aule a inizio aprile.
Le nuove udienze
Grazie ai giudici di pace, nell’ex Palazzo dei gesuiti la giurisprudenza è tornata ai grandi ritmi. I “piccoli” giudici infatti fanno numeri… non tanto piccoli: sono in quattro, ma svolgono quasi un migliaio di udienze all’anno. Si occupano delle cosiddette “cause minori”, certo, ma non per questo sono poca cosa: «Molte delle novità introdotte nella giurisprudenza oggi provengono dal nostro lavoro – spiega il coordinatore, il dott. Francesco Benincasa –, come l’istituzione della “messa in prova” al posto della condanna». Per ora i processi penali dei gdp si svolgono solo il mercoledì, il resto sono cause civili: ma potrebbero raddoppiare, se arriverà l’ok da Cuneo. «Ringraziamo il Comune – ha ribadito Benincasa – per aver coordinato il trasferimento della nostra sede. Ora l’obiettivo è stabilizzare la posizione della nostra magistratura». I locali lasciati vuoti a Breo verranno destinati alla Polizia municipale e alla Protezione civile.
«Chiediamo più garanzie», l’appello dei giudici di pace
Il loro appello, da Mondovì, va soprattutto all’attenzione del viceministro Enrico Costa, sottosegretario del guardasigilli Andrea Orlando. Le loro rivendicazioni stanno in tre punti: «Durata dell’incarico, retribuzione e previdenza – sintetizzano –: ovvero, il riconoscimento della nostra professionalità affinché ci vengano riconosciuti gli stessi diritti della magistratura effettiva ordinaria, visto che anche noi apparteniamo all’ordinamento giudiziario». A Mondovì i giudici di pace sono quattro: il dottor Francesco Benincasa, coordinatore, e il dottori Fausto Nasi, Agostino Ferau e Luciana Audisio. «Chiediamo gli stessi diritti di un magistrato ordinario… dal momento che i doveri, quelli sì, sono identici – spiegano –. Noi veniamo pagati a causa, non abbiamo ferie né mutua. Chiediamo più garanzie, una stabilizzazione della nostra professione. Esistiamo da 20 anni, siamo stati istituiti nel 1995, ma i nostri contratti sono a tempo determinato: quattro anni, rinnovabili per tre volte e poi ancora prorogabili. In tutta Italia siamo quasi duemila, di cui metà con più di sessant’anni: cosa accadrà un domani?». Altra richiesta: «L’aumento delle competenze e il superamento dei limiti, per coprire gli spazi lasciati vuoti anche nel Tribunale di Mondovì. Auspichiamo nel disegno di legge al vaglio del Consiglio dei ministri».