Restauri al Duomo: reportage dalla cupola!

Il restauro della Cattedrale è cominciato due anni e mezzo fa.  Oggi sta per terminare il lotto della navata centrale. E si può fare il punto su tutto l’intervento.

È un paragone “alto”, ma diciamolo pure: la salita sui ponteggi del Duomo ha un ché di dantesco. Più si sale, e più si contempla qualcosa che non si avrà mai più occasione di vedere. La Cattedrale nel suo complesso. Colpisce, perfino ora che è mezza imballata da dieci piani di impalcature. Neppure don Beppe Bongiovanni era mai salito lassù, fino a oggi. Osserva ammirato le pitture, fresche di restauro: «Questa è la nostra “fabbrica” – dice, sorridendo –: la chiamiamo così perché… non si ferma mai». Oggi sta per terminare il lotto della navata centrale. E si può fare il punto su tutto l’intervento.
Il restauro della Cattedrale è cominciato due anni e mezzo fa, opera dell’arch. Cristellotti e della sua squadra. Quattro lotti di lavori, almeno fino a ora, per completare il presbiterio, l’abside, la volta della navata grande, la cupola del catino centrale. Don Beppe non vuole parlare di costi: «Non serve a nulla dire le cifre – spiega – senza capire a che cosa sono serviti questi soldi». Il restauro è stato realizzato coi contributi dello Stato, delle Fondazioni bancarie (le CR di Cuneo, Torino e Saluzzo, la BCC di Pianfei e Rocca de’ Baldi, la Compagnia San Paolo), del fondo 8x1000 (solo per i lavori strutturali). «E con le offerte dei fedeli – aggiunge il parroco –, che non sono mai, mai mancate».
Tutti la conoscono come “la Cattedrale del Gallo”, ma l’architetto monregalese non la vide finita: lui morì nel 1750, mentre il Duomo venne consacrato nel 1763. E infatti il coro, dietro l’altare, fu studiato e disegnato da Pelagio Palagi, architetto di Carlo Alberto, ed è in pieno stile neoclassico, diverso dal barocco del resto della chiesa. Lì sul fondo dell’abside oggi c’è un ampio spazio vuoto: «È dove stava la pala d’altare – spiega il parroco –, che oggi è in restauro nel laboratorio di Francesca Bruno a Dogliani». L’icona centrale raffigura la Vergine con il Bambino affiancata dai patroni San Donato e San Pio V. Anzi: PioV “e basta”, perché fu realizzata dal Taricco alla fine del ‘600, quando il papa non era ancora stato canonizzato. La cornice misura quasi tre metri per quattro, è così grande che non la si è potuta far uscire dal Duomo: è stata adagiata a fianco delle impalcature, vicino ai banchi ammucchiati per fare spazio alle assi e ai tubi. Lì verrà presto restaurata. L’impalcatura misura circa venti metri: nove rampe. Don Beppe le sale una a una con l’emozione che cresce assieme all’altezza. Ci indica l’organo monumentale: «Quello è ancora da restaurare – dice –, si procederà in un secondo momento. Anche le navate laterali sono ancora da fare». Poi aggiunge: «Per noi l’importante non è il sapere ora quando reperiremo i fondi: se non sarà quest’anno, sarà il prossimo. L’importante è che si sappia che questi lavori erano da fare. E non sono “in alternativa” alle opere di carità, questi discorsi non avrebbero senso». Sulla cupola del catino sono rappresentate le immagini del peccato originale, i tre Arcangeli e i Santi Patroni della Diocesi. «Vent’anni fa si potevano già vedere i primi segni di scrostamento sugli affreschi – racconta il sacrestano, Tonino Rizzi, che della Cattedrale conosce ogni piastrella –. E le cose non sono migliorate col tempo». Il primo intervento è stato il rifacimento al tetto, poi si è passati agli interni. E cosa resta da fare? Il parroco sorride: «Oh, tante cose – dice –: intanto è già pronto il nuovo impianto elettrico della navata centrale, poi oltre al restauro delle due navate laterali sono da recuperare le parti lignee del presbiterio. Poi bisogna restaurare 12 dei 14 lampadari: quelli più grandi, che sono di cristallo di Boemia. Il Duomo ha anche bisogno di una serie di interventi strutturali, ma una cosa per volta. Ci sono dodici punti in cui abbiamo rilevato dei cedimenti: non si tratta di cose che mettono a rischio la chiesa, sia chiaro, ma ce ne dovremo occupare». Quando? Non importa, perché (appunto) la fabbrica non chiude.
Però c’è una speranza, che don Bongiovanni accetta di anticiparci: «Ci piacerebbe aprire il Duomo durante la Mostra dell’Artigianato, e sarebbe anche il desiderio del vescovo. Non possiamo ovviamente ancora celebrare le messe… ma per i visitatori sì. Sarebbe un vero spettacolo». E noi, che lo abbiamo visto, gli diamo ragione.

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