“Fiera del miele”: «È costata troppo»

La minoranza all'attacco

«Ci siamo resi conto, con l’esame dei bilanci relativi agli ultimi cinque anni, che le “Fiere del miele” avevano richiesto una spesa ammontante complessivamente a circa 285mila euro, spesa esagerata rispetto ai bilanci del Comune di Montezemolo». I consiglieri di minoranza Gianni Zunino, Graziella Isnardi e Sebastiano Massa, tornano sulla questione dell’annullamento della “Fiera del Miele”, disposta tramite delibera di, Giunta del 10 giugno del 2014, parlando dei costi evidenziati verificando i bilanci comunali.
«Abbiamo inoltre potuto verificare – spiegano i consiglieri – che le diverse entrate (tra cui i contributi di vari Enti locali) non sono mai state sufficienti a coprirne i costi. La passata Amministrazione ha dovuto quindi utilizzare fondi propri per integrare la differenza mancante, che ammontava complessivamente a oltre 150mila euro. Il cospicuo utilizzo di fondi comunali, deciso senza consultare i cittadini (ancora oggi in gran parte all’oscuro della spesa sostenuta ogni anno), ha costretto conseguentemente l’Amministrazione a distogliere risorse da altri interventi di non secondaria importanza per la vita e il benessere di Montezemolo, come la manutenzione delle strade, lo sgombero della neve e l’illuminazione pubblica in alcune località, per citarne solo alcuni. L’eccessivo peso della manifestazione sui bilanci del nostro piccolo Comune conferma l’opportunità, come descritta nel nostro programma, di riproporla in senso più consono al suo iniziale proposito e alle possibilità economiche del Comune. Sono molte le voci di spesa che si possono modificare, citiamo ad esempio il costo delle strutture che ha sempre inciso pesantemente, oltre al consistente costo della pubblicità. Torniamo pertanto a invitare l’Amministrazione comunale a non disperdere lo spirito che ha fatto nascere la “Fiera del Miele” proponendola in un prossimo futuro con un’edizione maggiormente legata al nostro territorio, alla nostra cultura e alla valorizzazione dei prodotti locali e dell’apicoltura, avvalendosi anche della partecipazione del volontariato e di tutte le espressioni del paese non di una sola parte, che per tanti anni sono stati incomprensibilmente esclusi».

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