Don Ciotti a Carrù: «La Mafia non ci rende liberi»

Il prete simbolo dell’antimafia consegna a Carrù la Costituzione ai neo-diciottenni. La premiazione con il “Bue d’oro 2017”: «Combattiamo la povertà, non i poveri»

Prima di tutto l’arrivo di don Luigi Ciotti al Palafiera di Carrù si sente. A partire dall’applauso della gente che lo accoglie così, spontaneamente. Man mano saranno circa 500 persone che riempiranno il tendone allestito in anticipo per questa nuova “Fiera del Bue grasso” che comincia così con la faccia determinata e sorridente del prete simbolo dell’antimafia. Luigi (perché poi è così che si vuole far chiamare) va subito a salutare i neo-diciottenni seduti nelle prime file, che quasi non se l’aspettano. Vuole conoscerli, sapere cosa studiano e cosa faranno nella vita. I ruoli quasi si ribaltano. C’è solo forse da rivedere qualche riferimento geografico, perché quando don Ciotti racconta dei suoi amici che vengono a Carrù per il “Bue Grasso”, il “Vascello d’oro” diventa “il Veliero”, perché «Tanto pure sempre una barca è». Sul palco infatti è così, un flusso continuo capace di far sorridere, riflettere ed emozionare in un mix unico che solo chi è coinvolto totalmente in quello che dice può esprimere. Un “one man show”, per dirla all’inglese, che dice di dover «Saldare la terra quaggiù con il cielo». «Il Vangelo e la Costituzione Italiana per me sono i due punti di riferimento. La Costituzione è una parola viva, dal verbo latino significa “fermare”, è stata scritta per rendere solida e far durare la nostra democrazia. Leggetela e rileggetela: lì troverete parole di responsabilità e libertà. Pietro Calamandrei disse “dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà, lì è nata la Costituzione” e io aggiungo: andate anche laddove il crimine mafioso si è macchiato di delitti orribili». Poi si rivolge direttamente al sindaco Stefania Ieriti: «Tu sei nata nella Locride, la tua mamma mi ha salutato. La Calabria è una terra meravigliosa. La N’drangheta non può cancellare la bellezza, pensate che a me hanno dato la cittadinanza onoraria di Pizzo Calabro. Io che ho sempre combattuto il pizzo…». Il primo testo antimafia è proprio la Costituzione Italiana. «Luigi Sturzo nel ‘900 fece un’agghiacciante profezia: “la Mafia risalirà sempre più forte verso il nord, fino alle Alpi”. Le Mafie hanno attraversato l’Italia». Don Ciotti si è soffermato poi anche sulla povertà: «Chi è povero non è libero. Penso a tanti migranti, che arrivano disperati da terre lontane. La prima volta che ho incontrato papa Francesco gli ho portato un regalo: un pacco di caffè, dal piccolo bar di Torino in via Pietro Micca. Cinque giorni dopo passo in quel bar e scopro che il papà aveva scritto personalmente un biglietto di ringraziamento. È una persona di una semplicità straordinaria. I segni sono importanti: Francesco mi ha raccontato che l’imbarcazione su cui sarebbero dovuti salire i nonni e il suo futuro papà per emigrare da queste terre in Argentina è la nave “Mafalda”, andata a picco con centinaia di italiani morti affogati. Partiranno invece poi solo mesi dopo. Non dimentichiamoci la storia, è stata la nostra storia. Oggi dobbiamo dire con forza che l’immigrazione non è reato, perché non è reato la speranza». Il suo gruppo “Libera. Associazione contro le Mafie” nasce con «L’idea di mettere insieme forze diverse, dalla Chiesa, agli scout, dal mondo sindacale ai movimenti laici. Non è opera di navigatori solitari. Se andate a Berlino la trovate, così come a Parigi e a Bruxelles. Tra pochi giorni a Bogotà ci sarà l’incontro di tutte le Associazioni sudamericane di “Libera”. Questa sera non è venuto Luigi Ciotti, io rappresento un “noi”: il Gruppo Abele, con cui continuo a vivere».

 

 

Combattere la mafia con tutte le forze: «Ho conosciuto Falcone a Gorizia. Ci siamo dati appuntamento a Palermo per un incontro che poi non è mai avvenuto» 

«Due mesi prima della strage di Capaci (nel 25° anniversario della morte di Falcone e Borsellino, ndr) mi sono ritrovato a Gorizia per un corso di formazione della Polizia di stato sul tema delle dipendenze – ha ricordato don Ciotti –. Lì ho conosciuto Giovanni Falcone, ci siamo dati appuntamento a Palermo per un incontro che non avverrà mai. I segni nella vita sono importanti. Io non ho dimenticato la sua espressione quando disse che “la battaglia contro la Mafia è una lotta di legalità e di civiltà”. La legalità non è solo una bandiera, vuole dire lavoro, servizi, attenzione ai giovani: è la saldatura tra la responsabilità dell’io e il noi. Prima di tutto però c’è la responsabilità». Sono passati 25 anni dalla strage di Falcone e Borsellino, ma «Vi prego – aggiunge don Ciotti – non dimentichiamo le cose belle. L’impegno di tanti uomini e donne nella magistratura, nella polizia e nell’amministrazione. Non dimentichiamo la Resistenza di ieri e quelle di oggi. La presenza mafiosa da secoli non ci rende del tutto liberi. Dobbiamo diventare capaci di lottare contro la povertà, non contro i poveri. Io sono emigrato dal veneto ad Alba, mio padre lavorava in una ditta delle fogne. Non c’era la casa, gli hanno detto di usare la baracca del cantiere. Per il fatto stesso di vivere lì eri già etichettato da molti in modo diverso Mia madre prendeva i vestiti dalla Parrocchia e vi garantisco che li lavava e li stirava benissimo. Perché uno può essere povero, ma dignitoso. La mia famiglia era così». Al termine, nel momento clou della serata, direttamente dalle mani del sindaco Don Luigi ha ricevuto il premio “Bue d’oro 2017”, la massima onorificenza da parte del Comune di Carrù. «Messaggero del disagio sociale e presbitero senza frontiere» lo definisce il primo cittadino carrucese. «Premio consegnato a me che io restituisco ai tanti che si stanno impegnando in “Libera” e a tutti gli agenti della polizia e dei carabinieri. Dopo le due condanne a morte che ho ricevuto mi continuano a seguire in tutta Italia e nel mondo. Sono qui grazie a loro».

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