«Il radiocollare crea molti disturbi al lupo!»

Ezio Maria Romano interviene su alcuni metodi di studio del “re della montagna”: «Anche molti centri faunistici non tengono conto delle esigenze dell’animale»

Fin dall’antichità l’esistenza del lupo è minacciata dall’uomo, che considera questo animale come un vorace concorrente nella caccia alla selvaggina e come un pericolo serio per l’allevamento del bestiame. Ezio Maria Romano, peveragnese e responsabile del Ciscal (Centro di selezione cani anti lupo), analizza il comportamento del lupo ormai da molti anni e spesso gira il mondo per conoscere le realtà più diverse. Durante il suo percorso di studi ha conosciuto, ascoltato ed aiutato allevatori e pastori, scambiando anche utili esperienze ed informazioni con alcuni tra i massimi studiosi del lupo su scala internazionale. Sul problema della convivenza tra uomini e lupi, Romano è intervenuto pochi giorni fa, prendendo inoltre una posizione chiara e definita su alcuni metodi usati attualmente nello studio di questo maestoso animale. «Pur considerando il rischio della sua estinzione – ci ha detto Ezio Maria Romano –, non sono mai stato d’accordo con l’utilizzo del radiocollare, né con la reclusione in alcuni tipi di aree faunistiche che poi lo espongono al pubblico su pagamento di un biglietto. Secondo la mia opinione, condivisa comunque anche da altri studiosi, la cattura di un lupo e la successiva sedazione, con lo scopo di applicargli un radiocollare, non sono mai prive di effetti collaterali sul suo benessere fisico e psicologico. Credo sia facile per tutti infatti immaginare lo shock che subisce l’animale nel momento della cattura, considerando anche che per indurlo a finire in trappola si è soliti cospargere il terreno circostante con l’urina di una femmina in estro. In pratica, proprio nel momento in cui il lupo è psicologicamente dominato dal suo forte istinto di riproduzione, rimane intrappolato con una delle sue zampe in un marchingegno legato ad una robusta catena fissata ad un albero o nel terreno». Romano afferma inoltre che il lupo, dopo questa esperienza, difficilmente potrà tornare ad essere quello di prima: «Per capirlo basta provare ad infilare un normale collare ad un cane adulto che non ne abbia mai indossato uno e osservare la sua reazione di disagio. Figuriamoci come può reagire un lupo! Questi animali, molto probabilmente, una volta liberati si sentiranno a lungo disorientati, impauriti e confusi. Fra l'altro, con il radiocollare si rischia di orientare gli studi su soggetti che rappresentano solo in minima parte le reali caratteristiche della specie, considerato che il normale comportamento del lupo è fortemente legato alla sua stretta convivenza con il branco. Un lupo solitario è solo l’ombra di ciò che potrebbe essere se fosse inserito nella sua comunità naturale». Anche alcuni centri faunistici, secondo Romano, danneggiano il lupo: «Spesso i lupi nei centri diventano un vero e proprio business, con accesso a pagamento e possibilità addirittura di interagire con loro! Questo succede un po’ in tutta Europa ed è molto frequente in America. Escludendo quindi i pochi "veri rifugi”, gestiti da volontari e dedicati al ricovero di lupi nati o cresciuti in cattività, tutti gli altri “wolf center” non sono altro che una rivisitazione moderna dei vecchi zoo. Povero lupo – ha concluso Romano –. Sembra proprio che in questo mondo non possa trovare pace, fra chi si dichiara palesemente contrario alla sua esistenza e vorrebbe far estinguere rapidamente la specie e chi, pur schierandosi dalla sua parte, si crede il diritto di intromettersi fra lui e quanto previsto dalla natura».

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