Alberto Cornero si occupa da anni di musica nel cuneese, chitarrista dei Blutarski e poi anima di band come Lamalora e Ape Unit; oggi è uno dei 2 pilastri dell'etichetta discografica Vollmer. Il suo resoconto è la lettura della manifestazione targata NLT e BCC, con tutti i suoi pregi e difetti. Rispetto a quella cartacea (riletta, ritagliata e condensata) in quella on line viene riportata una versione estesa che cerca di approfondire alcuni dei temi trattati.
Sono passati 7 anni da quando ho partecipato per la prima volta a Balla Coi Cinghiali. La curiosità e i dubbi di allora erano tanti ma erano stati ripagati ben oltre le aspettative: complici la compagnia, le dimensioni del festival (al tempo ridotte rispetto agli anni futuri), e l’atmosfera amichevole che trasudava di fiera autogestione, quell'edizione del Balla Coi Cinghiali aveva suscitato in me, se non proprio l’interesse per cosa sarebbe potuto capitare nelle edizioni a venire, la stima e la simpatia per chi aveva scommesso su un festival di quel tipo in una simile location. A tre anni di distanza le cose mi erano sembrate cambiate, nel bene e nel male: lo spazio ampliato, i palchi a tema, le mostre, il servizio ristorazione migliorato e le proposte, diversificate e interessanti al punto di dover compiere delle scelte tra un evento e l'altro all’interno dello stesso festival; al tempo stesso il delirio di 20.000 persone al giorno pressate in un paese di 700 anime, incubo che si concretizzava a pieno durante la notte nell’area campeggio, letterale inferno dominato da ravers-cafoni. L’ultimo appuntamento arriva nel 2011 con gli 80.000 partecipanti sfiorati e che segna la dead line. Un silenzio durato 2 anni e poi, letteralmente a sorpresa, ecco Fortissimo, creatura ibrida nata in terra piemontese ma con cuore ligure. Chi si era rassegnato alla sospensione definitiva del BCC e non avrebbe scommesso un centesimo su una sua possibile esportazione altrove ha dovuto ricredersi, e in fretta.
Un nuovo festival
La valle Stura e la location stessa del festival hanno un fascino diverso rispetto agli spazi aperti di Bardineto. Nel forte di Vinadio ci si sente protetti, raccolti: l’ambiente è a suo modo confortevole e più intimo. Il mood però non è stato lo stesso degli esordi liguri. Le facce, quelle sì, erano eterogenee e provenivano dagli svariati angoli della provincia (e del nord-ovest intero), ma l’intera operazione è sembrata un restyling in miniatura della vecchia formula, e l’originalità e la freschezza che già un po' s'erano perse negli anni, qui sapevano decisamente d'aria fritta.
Giovedì
L’impressione del giovedì sera è stata comunque positiva. Perso Capovilla accompagnato dalla band, mi son sorbito l'ennesimo show di Zibba nell’arco degli ultimi cinque anni: il bravo cantautore non ha tradito le aspettative di chi lo conosce e lo segue da tempo, ma la gente non era molta (complice il venerdì lavorativo) e gli animi ancora un po' freddini. A far salire la temperatura dell’audience ci hanno pensato i Dubioza Kolektiv, una band che analogamente a quelle “occitane” ha contaminato la propria tradizione popolare con sferzate di ska e attitudine punk per renderla un po' più di massa. Un'ora e mezza di ritmi festaioli e finalmente la visione dell’area concerti quasi completamente piena. A seguire il set di Dj Keller. Carine le proposte musicali passate sotto il tendone della torinese Radio Ohm, peccato per la bassa percentuale di band cuneesi sull’unico palco secondario: tra loro solo Window Shop For Love e il talentuoso Mano.
Sabato
Del venerdì, interamente dedicato al reggae, ho solo raccolto qualche parere discordante, mentre del sabato, persi The Chain Gang, ho assistito al live dei Lou Seriol, veri e propri local heroes, che han fatto ballare la massa per un’ora abbondante e probabilmente, come quasi tutti gli anni a Vinadio e dintorni, sono stati magistralmente piazzati a metà serata proprio per scaldare l’audience. Per l’ennesima volta la band ha dimostrato come, pur non variando il proprio stile da quindici anni e continuando a riproporre tali e quali i siparietti d'introduzione ai pezzi, riesca ancora (o addirittura) ad avere un pubblico. A seguire i Bud Spencer Blues Explosion, duo dalle doti tecniche eccelse e veterano delle scorse edizioni del BCC, che ha bombardato la platea di riff pentatonici per una buona ora e mezza. Degne di nota le improvvisazioni al limite del virtuosismo del chitarrista, anche se spesso sbrodolanti e al sapor di Guitar Hero, un po' meno la staticità del batterista, che in un duo di quel calibro e con capacità come le sue forse avrebbe potuto osare di più. Peccato invece per i Mouse On Mars, duo di elettronica (vera) tedesco: il loro live set è stato bypassato dalle masse in favore di ritmi danzerecci più congeniali ‘à la Gabry Ponte’ sparata a palla da un palco secondario. I teutonici, forti di un semplice ma efficace light show in bianco e nero messo su con proiettori sincronizzati con la musica, hanno terribilmente annoiato chi s’aspettava di continuare a ballare per la quarta ora consecutiva (dal pubblico è arrivato anche un “ballare sotto 'sti qua è un casino”), ma hanno rappresentato l’apice della proposta artistica giornaliera.
Conclusioni
Su altri particolari si può tranquillamente glissare: gente coinvolta nell'intrattenimento tra balli, cibo e alcol, bancarelle, un laghetto artificiale che ha trasformato il retro del forte in un'Alassio Beach un po' alternative e un servizio d’ordine efficace e zelante, ma alle volte un po’ oppressivo. Ad uscire vincitore indiscusso di questa 3 giorni in valle Stura è stata la manovra bipartisan di salvataggio condiviso di due nobili decadute (per stallo, BCC; crisi di anzianità, NLT) in un colpo solo e con qualche compromesso. Ciò che conta è il risultato: la gente salita a Vinadio (si parla di 8.000 ingressi spalmati su tre giorni) e che a quanto pare s’è anche divertita.
BCC più NLT danno Fortissimo?
Summer festival