Nato nel 1921 in una famiglia torinese aperta a vari interessi e rapporti culturali (la madre soprano, il padre industriale tessile, collezionista e discreto disegnatore), Ottavio Mazzonis sviluppò precoci doti artistiche prendendo lezioni di disegno da Luigi Calderini e frequentando lo studio di Nicola Arduino, pittore figurativo e frescante di gran mestiere, memore della scuola di Giacomo Grosso.
Una formazione vicina all’Accademia, ma non freddamente accademica, la sua; basata sul fare, il ricercare, il guardare ad espressioni artistiche d’ogni epoca, filtrate da un gusto e una cultura sempre più affinate. Un’operosità assidua, elegante, discreta; un’arte attenta all’antico, ma non polverosa e non semplicemente mimetica.
Alla base di ogni sua opera, la forma, il disegno. Maestria di tratti e di pennellate; rigore e vigore nell’impaginare le scene, nell’impostare le luci e le tonalità ora con effetto teatrale, ora con sensibilità intimistica, ora con sguardo delicato e sognante di fronte alla bellezza femminile. Una pittura colta, fuori del tempo e fuori delle tendenze prevalenti, eppure dotata di una sua modernità, perché “il classico ha una forza di verità sempre attuale”. Pittore del sacro e del profano: di grandi tempere memori del Bortoloni nel presbiterio della cappella del nostro Seminario a Piazza, 1963, di cui la mostra propone i cartoni preparatori (l’Annunciazione, Dio creatore, San Sebastiano e San Giuseppe); di grandi tele e pale d’altare, da quelle giovanili nelle nostre chiese di Fontane e di Nucetto, alle raffigurazioni di martiri e santi e alla drammatica sequenza della Via Crucis per la chiesa del Rosario a Cento (Ferrara) e per il Duomo di Noto. E ancora, autore di ritratti e autoritratti dal nitore rinascimentale; di piccoli paesaggi alla Corot e di grandi scene oniriche che si rifanno all’iper-romanticismo del Bocklin (l’insistenza sull’Isola Ildebranda dichiaratamente ispirata all’ Isola dei morti); e nature silenti alla Chardin; e soprattutto nudi vaporosi che richiamano certo decorativismo floreale ma con vitali tocchi innovativi. E Madonne e studi per soffitti tiepoleschi; scene della Passione arieggianti il Piazzetta, e, nella chiesa di Cento, un confronto diretto col Guercino; salvo arrivare poi al limite dell’informale in una grande inquietante “Nube”.
Un’arte spiazzante, controcorrente, quella del maestro Mazzonis per i tanti modelli a cui si rifà, per i tanti echi che evoca; eppure interiorizzata, fatta propria per amore dell’arte, della bellezza, con mestiere saldo e sincero, con una “ricerca regina della rappresentazione”, come suona il titolo della mostra. E tra le assonanze che possiamo localmente tentare, quella con certe figure simboliche in una luce d’acquario dipinte da Fracchia (allievo di Grosso) nel Circolo di Lettura di Piazza e quella con le sinuose figure adolescenti morbidamente modellate da Unia, che infatti fu buon amico di Mazzonis.
Ottavio Mazzonis seducente maestro della pittura figurativa
Da sabato fino al prossimo gennaio, una grande mostra in due sedi, a Breo e Piazza