Ottavio Mazzonis seducente maestro della pittura figurativa

  Da sabato fino al prossimo gennaio, una grande mostra in due sedi, a Breo e Piazza

Nato nel 1921 in una famiglia torinese aperta a vari interessi e rapporti culturali (la madre soprano, il padre industriale tessile, collezionista e discreto disegnatore), Ottavio Mazzonis sviluppò precoci doti artistiche prendendo lezioni di disegno da Luigi Calderini e frequentando lo studio di Nicola Arduino, pittore figurativo e frescante di gran mestiere, memore della scuola di Giacomo Grosso.
Una formazione vicina all’Accademia, ma non freddamente accademica, la sua; basata sul fare, il ricercare, il guardare ad espressioni artistiche d’ogni epoca, filtrate da un gusto e una cultura sempre più affinate. Un’operosità assidua, elegante, discreta; un’arte attenta all’antico, ma non polverosa e non semplicemente mimetica.
Alla base di ogni sua opera, la forma, il disegno. Maestria di tratti e di pennellate; rigore e vigore nell’impaginare le scene, nell’impostare le luci e le tonalità ora con effetto teatrale, ora con sensibilità intimistica, ora con sguardo delicato e sognante di fronte alla bellezza femminile. Una pittura colta, fuori del tempo e fuori delle tendenze prevalenti, eppure dotata di una sua modernità, perché “il classico ha una forza di verità sempre attuale”. Pittore del sacro e del profano: di grandi tempere memori del Bortoloni nel presbiterio della cappella del nostro Seminario a Piazza, 1963, di cui la mostra propone i cartoni preparatori (l’Annunciazione, Dio creatore, San Sebastiano e San Giuseppe); di grandi tele e pale d’altare, da quelle giovanili nelle nostre chiese di Fontane e di Nucetto, alle raffigurazioni di martiri e santi e alla drammatica sequenza della Via Crucis per la chiesa del Rosario a Cento (Ferrara) e per il Duomo di Noto. E ancora, autore di ritratti e autoritratti dal nitore rinascimentale; di piccoli paesaggi alla Corot e di grandi scene oniriche che si rifanno all’iper-romanticismo del Bocklin (l’insistenza sull’Isola Ildebranda dichiaratamente ispirata all’ Isola dei morti); e nature silenti alla Chardin; e soprattutto nudi vaporosi che richiamano certo decorativismo floreale ma con vitali tocchi innovativi. E Madonne e studi per soffitti tiepoleschi; scene della Passione arieggianti il Piazzetta, e, nella chiesa di Cento, un confronto diretto col Guercino; salvo arrivare poi al limite dell’informale in una grande inquietante “Nube”.
Un’arte spiazzante, controcorrente, quella del maestro Mazzonis per i tanti modelli a cui si rifà, per i tanti echi che evoca; eppure interiorizzata, fatta propria per amore dell’arte, della bellezza, con mestiere saldo e sincero, con una “ricerca regina della rappresentazione”, come suona il titolo della mostra. E tra le assonanze che possiamo localmente tentare, quella con certe figure simboliche in una luce d’acquario dipinte da Fracchia (allievo di Grosso) nel Circolo di Lettura di Piazza e quella con le sinuose figure adolescenti morbidamente modellate da Unia, che infatti fu buon amico di Mazzonis.

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