Ci sono album che passano inosservati o che magari, quando li si ascolta, paiono già ascoltati o non piacciono perché non incontrano i nostri gusti. Ma quegli stessi album, talvolta, capita che raccontino di noi e a noi una storia molto più vicina di quanto si possa immaginare. In questa fine 2014 sono nati due album dalla profonda matrice cuneese.
Il Nero è la opera seconda de La Moncada, band locale (una delle migliori in circolazione) che sa guardare con ottima scelta (per attitudine e genere) oltre i propri confini: se in Torino Sommersa si guardava alla città come punto di riferimento, tensione verso cui tendere e da osservare per capire la società, anche nei suoi gangli più oscuri e meno piacevoli, con questo nuovo lavoro si fa un passaggio successivo, si cerca nelle sfumature di un colore ciò che non va (“Bulimia della notizia che ti ingrassa la coscienza, sull’altare del giudizio, l’opinione si fa scienza” o “il nero quello buono che risolve ogni pensiero, soffia via questa montagna”, oppure ancora “i disadattati siete voi che volete tutto quanto in una notte e non è che una cornice”). Le qualità de La Moncada anche in questo album sono più d’una: la più importante continua a essere il testo, sempre molto curato da Mattia Calvo. Nonostante l’impatto sonoro di Nero sia meno granitico le strutture dei brani (forse grazie all’innesto di Carlo Barbagallo, chitarrista già con AlbanoPower insieme a Colapesce) paiono più ariose e meno costrette nel genere del post rock: una scelta stilistica che dà una maggiore quantità di luce e la sensazione di un percorso lungo, ancora da scoprire.
A Cuneo invece pare sia tornato di moda il rap “La mia città è una città di frontiera, presto al mattino, presto anche la sera. Ma se nel rosso bel tempo si spera, nel buio miglior desiderio s’avvera. La mia città non ha molti colori, ma sono molti gli ambienti sonori. Nei Preferiti del vecchio PC c’è Cuneo2Night, ma domani maybe...” questo il ritornello di CNC, pezzo (e video) con cui il Collett_EVO Saturday’s Silly REC ha lanciato La Sindrome di Caps Lock che racchiude la cifra dell’intero album e del mondo che ne viene raccontato. Il Collett_EVO fa hip hop riprendendo una tradizione andata un po’ persa negli anni, che affonda le proprie proprie radici negli anni ‘90, e che vede nel crossover di generi uno strumento per valicare mode e gruppi di riferimento e per trovare una forma di espressione più autentica. Mai disco però ha descritto meglio (nonostante qualche stereotipo e qualche testo tentennante) con dovizia di particolari, espressioni e abitudini quel mondo di “Deliri Cuneesi” (raccontati anche nell’omonimo Internet Blog) vissuti nel capoluogo da una realtà giovanile (dai 25 ai 35 anni), molto attiva e decisa a far sentire la propria voce.
“Deliri” musicali nel Cuneese
La Moncada e Collett_EVO SSR