Enrico Costa, NCD: «Dovrà essere un garante lontano dagli estremismi»
Per Enrico Costa si possono addirittura superare le barriere politiche: «Se il profilo è degno, non se ne dovrebbe fare una questione di appartenenza», dice. Costa, viceministro dell’Esecutivo, di Renzi, voterà come deputato fra le fila dell’NCD.
Costa, secondo lei si riuscirà ad arrivare a una condivisione?
«Io credo sia essenziale. Abbiamo una frammentazione enorme, e non solo fra un partito e l’altro: anche all’interno delle singole forze politiche ci sono movimenti diversi, correnti, linee di pensiero. Però è fondamentale che si trovi una direzione comune, o si rischia di arrivare a votare qualcuno “per il rotto della cuffia”».
Ma cercare una linea unica non rischia di portare a un nome troppo neutro? Un presidente comodo per tutti ma poco decisionista?
«Non vedo questo rischio. In ogni caso, io sono convinto che il presidente debba essere il più possibile neutro. Un po’ come l’arbitro di una partita, no? Deve essere il garante delle regole e deve saper prendere le decisioni sulla base di queste».
Il profilo che secondo lei dovrebbe avere?
«Auspico in una persona di esperienza politica, che conosca bene i passaggi, le procedure e le dinamiche dello Stato. Inoltre, dovrebbe avere un profilo moderato, lontano dagli estremismi e dalle posizioni laceranti. Non deve solo essere una figura di garanzia, ma anche apparire come tale».
Conterà l’età? Lei si immagina un 51enne o un politico di lunghissimo corso?
«Mi immagino una figura di spicco. Vuole dei nomi? Un grande liberale come Antonio Martino, per esempio. Ho anche grande stima di Walter Veltroni. Voglio precisare che se il nome non mi convincerà, non lo voterò. Indipendentemente dall’appartenenza politica».
Renzi vuole arrivare alla coesione interna: secondo lei ce la farà?
«Ufficialmente, penso di sì. Poi però, nel segreto dell’urna, secondo me ognuno voterà per proprio conto».
Si potrebbe arrivare a eleggere un completo outsider, un nome mai immaginato prima?
«Se succederà vuol dire che siamo arrivati a una fase di completo stallo. Non me lo auguro».
Una figura di alto spicco istituzionale, ma capace. Per Mino Taricco, deputato PD, il successore di Napolitano potrà anche essere un outsider: «Purché sia credibile e abbia autorevolezza».
Onorevole Taricco, forse non ci sono mai stati così tanti “papabili”: l’ex premier, il giurista, il personaggio televisivo… lei chi ha in mente?
«È troppo presto per immaginarsi un nome. Io preferisco ragionare sul profilo, sulle caratteristiche che dovrà avere».
Secondo lei, quali sono?
«Premettendo che dovrà essere un personaggio “pulito” e percepito come tale, se no non andrebbe nemmeno preso in considerazione, io elenco tre caratteristiche. Primo, dovrà avere una alta credibilità nazionale e internazionale basata sulle cose che ha fatto, sul suo percorso. Secondo, dovrà conoscere bene la macchina istituzionale: non possiamo permetterci un presidente che ci metta sei mesi ad “ambientarsi”, non in questa fase. E terzo, dovrà avere l’autorevolezza e l’autonomia necessarie a dare peso alle sue parole».
Mi pare di capire che lei escluda nomi come Benigni o Dario Fo…
«Non credo sia quello che serve all’Italia. Sono persone straordinarie, sia chiaro, ma lo sono nel loro ruolo».
E per quel che riguarda il percorso politico? Si ragionerà in base alla sua appartenenza?
«Può essere qualcosa che aiuta, ma non determinante».
Meglio buonista o decisionista?
«Dipende. Ho apprezzato presidenti che erano molto pacati nei modi di esprimersi, ma fermi nelle decisioni. Altri, all’opposto, non hanno dato grosse garanzie. Non credo però che si debba votare sull’onda emotiva dei fatti recenti internazionali: le scelte prese su queste basi non sono mai buone».
Renzi ha detto che il Pd dovrà arrivare all’elezione compatto su un nome: a dirsi è facile, ma ci riuscirete? Altre elezioni vi hanno mostrato divisi...
«Il percorso comincia ora ed è difficile dire come si arriverà alla fine, ma io credo che sarà possibile. La ricerca della coesione e dell’unità dovrà essere uno sforzo basato sul ragionare su chi ha le caratteristiche giuste».
La posizione dei 5 Stelle sul Napolitano-bis, non è certo un mistero: «Neanche a parlarne – va giù secca Fabiana Dadone, deputata in procinto di diventare la nuova capogruppo alla Camera –, mi auguro si cambi verso».
Ecco, appunto: non parliamone più e guardiamo avanti. Dadone, ha visto quanti “papabili”?
«Ho visto. Personalmente non voglio soffermarmi sulle indiscrezioni e sui nomi che si leggono in questi giorni sui giornali. Anzi, sono convinta che nel momento esatto in cui quei nominativi vengono a galla… siano già bruciati. E che alla fine arriverà una proposta del tutto diversa, un’ipotesi mai fatta prima».
Però la rielezione di Napolitano risale a due anni fa. Come mai si arriva adesso a non avere ancora un’idea? Non ci si poteva mettere d’accordo prima?
«Beh, tanto per cominciare, io credo che quella rielezione non andasse proprio fatta…».
Abbiamo detto di non tornarci…
«Giusto. Il punto è che non si sapeva quando si sarebbe dimesso. Non l’ha fatto dopo l’avvio del Governo Renzi. Aveva detto che avrebbe aspettato la nuova legge elettorale, e invece non è stato così. A questo punto non c’era ragione di credere che non volesse durare in carica tutto il settennato. Ecco perché i discorsi sulla successione non erano in atto».
Lasciando perdere i nomi, che profilo dovrebbe avere il prossimo presidente?
«Deve essere il più imparziale possibile, una figura terza alla scena politica attuale e non legata alle dinamiche dei partiti».
Completamente estranea?
«Per forza: se ha frequentato la politica anche solo per un anno, significa che è già troppo coinvolta».
Lei crede che sarà una donna?
«Non ha nessuna importanza: conta che sia una figura imparziale e indipendente».
Se foste voi l’ago della bilancia, nelle votazioni guardereste più alla persona o all’appartenenza?
«Valuteremmo esclusivamente in base al profilo».
In queste settimane indirete nuove “Quirinarie” on line per proporre un nome vostro?
«È possibile che accada, lo stiamo valutando».