Chiamato come testimone al processo, guarda il pm e dice: «Quell’assegno rubato l’ho firmato io. Il colpevole… sono io». Così A.S., braidese già implicato in altre vicende legali, ha di fatto scagionato l’imputato finito accusato di truffa ai danni di una ferramenta di Ceva. Il processo non si è ancora concluso, ma a questo punto è lecito attendersi un verdetto di assoluzione.
L’imputato attualmente è M.M., accusato di un fatto che stando agli elementi appena emersi, non avrebbe mai commesso: aver fatto un acquisto da 1.400 euro nel negozio cebano e aver pagato con un assegno che poi è risultato rubato. Era finito imputato a causa di un riconoscimento fotografico (è assistito dall’avvocato Diego Manfredi), ma, nell’udienza di venerdì scorso, è arrivata la svolta: A.S., chiamato come semplice testimone, si è auto accusato. «Quei fatti li ho commessi io – ha detto, rispondendo alle domande del pm –. Sono io che ho compilato l’assegno e ho commesso la truffa. Quella è la mia firma. Non sapevo neppure chi fosse M.M., non era con me quel giorno, non ci siamo mai conosciuti». Il pubblico ministero, il vpo Davide Fontana, ha insistito: «Sapeva che quell’assegno era rubato? Come se l’è procurato?». «Sì, lo sapevo – ha risposto –. Ho comprato il carnet da una persona, so di aver fatto una sciocchezza. Era un periodo difficile, ho commesso molte altre truffe come quella. Quante? Non lo so, credo una settantina». A.S. è già imputato per fatti simili, ed era assistito nella testimonianza dall’avvocato Mario Bovetti.