Negli anni ’90 Ferretti e Zamboni salutarono l’esperienza dei CCCP (sarebbero nati di lì a poco i CSI) con il loro “manifesto” Epica Etica Etnica Pathos, album in cui gli ingredienti erano la tradizione, l’ortodossia dei “Fedeli Alla Linea” e il romanticismo dell’esperienza artistica vissuta con teatralità e di pancia. Per dare un titolo alla performance di Soap & Skin dello scorso venerdì 10 luglio serviva un modo per fissare l’elemento estetico, incastonarlo tra due paradigmi dell’esperienza vissuta: una visione romantica della scena, con piazza del Belvedere, la linea delle colline di Langa in penombra, i contorni delle case e del castello attorno, il chiaroscuro del grande albero dietro il palco, a rendere l’atmosfera suggestiva; un’idea dello spettacolo patetica, nel senso più arcaico, greco e tragico, del termine.
Il live della giovane austriaca è intenso, forte, scenograficamente impeccabile. L’estetica fa da traino a tutta la performance: luci fioche, fisse, un pianoforte e tre microfoni. Anja Plaschg si presenta sul palco; la prima parte del concerto la vedrà seduta, a suonare e cantare da sola, accompagnata in alcuni brani dalla sorella e dalle basi elettroniche che vengono lanciate da un laptop appoggiato sopra al piano. Forti contrasti sonori si sovrappongono, susseguono, prendono a schiaffi lo spettatore (specie quello meno avvezzo a certe sonorità) presente in piazza; la delicatezza del pianoforte fa da contraltare e sottofondo a una voce che da profonda cresce e si fonde con basi sonore spesse, talvolta disturbati e disturbanti.
Soap & Skin è una sorta di Giovanna D’Arco pagana della musica (anche per il taglio di capelli) che si immola e si trasfigura nell’immagine che vuole rappresentare, specie quando si alza, si mette al microfono frontale alla scena, si lascia avvolgere dai fumi e dalle luci che rendono l’atmosfera più eterea, e avvia una danza quasi teatrale. È questo il gotico dall’artista, una dimensione di “dark” che riesce ad essere barocca in alcuni elementi e austera in altri. Se Diamanda Galas si serviva di una tecnica vocale complessa, Anja non disponendo delle stesse qualità canore attinge ad un background ampio che mette insieme la cantante statunitense di origini greche con Bjork e Tori Amos, the Swans e le sonate di Ólafur Arnalds, Nils Frahm, tutto condito dall’elettronica che nell’area mitteleuropea ha oramai messo radici già da qualche anno.
Soap & Skin, epica estetica e pathos
Suggestivo concerto a Dogliani