Il futuro del Poli a Mondovì, visto dal nuovo responsabile

Paolo Fino, 43 anni, è il nuovo responsabile della sede decentrata monregalese del Politecnico. Assumerà l’incarico il 1 ottobre.

Paolo Fino, 43 anni, è il nuovo responsabile della sede decentrata monregalese del Politecnico. Assumerà l’incarico il 1 ottobre. A lui il compito di definire il futuro di questo “ex Ateneo”, oggi purtroppo in forma molto ridotta. Il prof. Fino però viene da qua: è di Cuneo e ha studiato Ingegneria proprio a Mondovì.

Prof. Fino, lei arriva alla guida di una sede di cui si è discusso molto…
«Lo so… beh, in verità è un discorso che vale un po’ per tutte le sedi decentrate. Ognuna ha le sue caratteristiche, le sue peculiarità. Alcune, come Alessandria o Biella, si erano specializzate già da tempo sulla ricerca. Mondovì invece era molto incentrata sulla didattica, quindi l’impatto della chiusura dei corsi è stato senza dubbio più forte»

Serve una vocazione precisa?
«Sì, ma non solo. Serve che tutti si attivino per farla quadrare con le risorse attuali, che sono sempre meno».

Ne ha accennato nel suo discorso, alla chiusura del Master…
«Infatti. Negli anni ’90 si potevano aprire corsi da tutte le parti, nessuno poteva prevedere quel che successe poi. Oggi invece dobbiamo fare i conti con questo scenario».

Come si fa?
«Con iniziative nuove, che vanno esplorate. Per esempio la formazione post-diploma: io credo che in Italia e in Piemonte ci siano margini per questo tipo di progetti. All’estero le Università sono molto attive in questo campo. Inoltre è assolutamente necessario che le Istituzioni locali facciano tutto il possibile per coinvolgere le imprese del territorio… non penso solo a Mondovì, ma a tutta la provincia di Cuneo. Io credo che esistano delle possibilità di crescita».

Potrebbe essere questo il futuro per Mondovì?
«Non so dire se lo sarà, ma posso dire che è una strada da esplorare. I dati ci dicono che quasi il 50% degli studenti del Poli non arriva alla laurea e si ferma prima: questo significa che se ci fosse uno sbocco diverso, magari lo intraprenderebbero. Parlo di una formazione anche di uno o due anni, con laboratori. È un’ipotesi. Bisognerà sedersi a un tavolo e progettarla, assieme al Comune e alle realtà del territorio. Non è detto che sia la soluzione… ma parliamone».

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