Truffa dello specchietto rotto: in 7 a processo

E’ iniziato davanti al Tribunale di Cuneo il processo – subito rinviato al prossimo 2 dicembre – nel quale sono imputati i sette componenti della banda di nomadi siciliani. 

E’ iniziato davanti al Tribunale di Cuneo il processo – subito rinviato al prossimo 2 dicembre – nel quale sono imputati i sette componenti della banda di nomadi siciliani, che nel 2008 fu sgominata dai carabinieri del Nucleo operativo di Cuneo e della Compagnia di Fossano, coordinati dall’allora procuratore di Mondovì, Maurizio Picozzi, e dal sostituto, Riccardo Baudinelli. Tutti e sette - quattro furono arrestati, Salvatore Rasizzi, Michela Casella, Pamela Boscarino e Gaetano Boscarino, e subito scarcerati dal Tribunale del riesame, mentre altri tre sfuggirono alla cattura: Angelo Boscarino, Carmela Crescimone e Mario Valvo e furono denunciati a piede libero - sono originari di Priolo Gargallo (Sr), e sono accusati a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere finalizzata a commettere estorsioni, furti e truffe. Davanti ai giudici hanno deciso di patteggiare, ma a salvarli, prima della condanna definitiva, interverrà la prescrizione. 

Agivano come i predoni. Si spostavano velocemente e attendevano al varco le loro prede, per lo più 70-80enni, lungo le strade dell’immediata periferia dei centri maggiori. Si ponevano dietro la loro auto, con una delle vetture nuove di cui disponevano - una Fiat 500, una Fiat Grande Punto ed una Toyota Yaris, poste sotto sequestro - una quindi li superava e nel sorpasso veniva simulato il contatto che “rompeva” lo specchietto retrovisore. Poi l’inseguimento e la richiesta dei danni. Da liquidarsi subito. E, per chi non pagava, ecco l’intervento dell’agente o dell’avvocato di turno che minacciava e costringeva al versamento, che per qualcuno ha raggiunto e superato anche i 5 mila euro, mentre per la maggior parte dei casi si è trattato di importi fra i trenta e qualche centinaio di euro. In verità le auto della banda avevano un congegno che permetteva dopo “l’urto” di sganciare gli specchietti retrovisori, dando l’impressione della loro rottura.
L’indagine dei carabinieri - denominata “Crash mirror” - prese il via da Carrù e durò parecchio, al fine di ricostruire le “imprese” del gruppo. Gruppo di cui faceva parte lo stesso nucleo familiare, proveniente dalla provincia di Siracusa e denominato i “camminanti”, per via delle trasferte dal Sud e dal modo di operare.

Si estese, poi, a tutto il Piemonte, scoprendo come la base di appoggio fosse nel campo nomadi di via Lega, a Torino.
Quindici i colpi certi di cui sono accusati, messi a segno fra il 2007 ed il 2008, di cui almeno cinque nel Monregalese e Cebano. Due, a Villanova M.vì ed a Ceva e tre, a Roccaforte, Montezemolo ed a Mondovì, dove furono truffate persone tutte ultra-settantenni. A Ceva il falso incidente fu provocato sulla Piana, ma il pensionato preso di mira (un ex-insegnante, non ci cascò), mentre a Mondovì in pieno centro storico, nella zona di piazza Ellero. E fra gli anziani vittime del raggiro molti, per risarcire il danno, versarono oltre un migliaio di euro. 
Nelle foto, il maresciallo Corrado Perseo, al tempo comandante la stazione di Carrù, mostra lo specchietto utilizzato per le truffe (nel riquadro i particolari)

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