Il calcio locale: far pagare il biglietto oppure no?

L'eterno dilemma delle squadre dilettantistiche: prezzi eccessivi o aiuto concreto alle società?

La frase valida per ogni stagione è: «Con gli stessi soldi, quasi vado a vedere una partita di Serie A». L’eterno dilemma “far pagare o non far pagare” il biglietto per assistere ad una partita di calcio dilettantistico non è mai stato risolto una volta per tutte. D’altronde non esiste una soluzione giusta ed una sbagliata: la questione serpeggia da sempre, il malcontento spesso è sibilato a mezza voce. Si paga, ma di mala voglia perché il costo è ritenuto eccessivo. E tanti rinunciano a vedere la partita.

C’è chi preferisce l’afflusso di più spettatori, chi non ha alle spalle presidenti o Enti munifici e quindi cerca di recuperare delle piccole somme che sono comunque aiuti concreti alla società, chi fa pagare il biglietto semplicemente “ perché lo fanno anche tutti gli altri”. Di sicuro il calcio locale attualmente vive in un totale stato di necessità: le spese sono tante (rimborsi a giocatori e allenatori, bollette, affitti, acquisto materiale tecnico) e le entrate pochissime se non nulle. Quindi il costo del biglietto non vale come “prezzo per la partita vista”, ma come aiuto alla squadra. In un mondo perfetto nessuno dovrebbe pagare però sarebbero necessari contributi alla società da parte della Federazione (evitando sprechi, tagliando spese inutili, favorendo lo sport dilettantistico) che, attualmente, appaiono impensabili, oppure sgravi fiscali per chi fa sport a livello dilettantistico e coinvolge i giovani in importanti attività ludiche. Tra le squadre monregalesi, per la Virtus «10 euro è il prezzo standard di tutti i campi ed è un’entrata importante per coprire le spese di gestione del “Gasco”»; a Carrù, «I tifosi fedelissimi che ci seguono sempre non pagano»; il Tre Valli «Da due anni ha scelto l’ingresso libero per favorire l’afflusso di tifosi»; a Bagnasco «La struttura del campo stessa non permette la vendita di biglietti e la questione non si pone nemmeno»; a Ceva la posizione è molto chiara: «Noi facciamo pagare il prezzo d’ingresso perché abbiamo una struttura importante e molto ben organizzata da mantenere, tantissimi costi da sostenere. E tutto questo a favore dei nostri giovani».   

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