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24 Marzo 2016 - 08:29
È tornata "alla luce" la cappella di San Bernardo a Piozzo: l’Amministrazione comunale ha provveduto, con un gruppo di volenterosi, unito ai cantonieri, a ripulire il sito della chiesetta dai rami degli alberi che, diventati ormai troppo invadenti, rischiavano di compromettere la struttura del tetto, nonché a ripulire da foglie e sterpaglie il sagrato e dare una "ripassatina" alla siepe. Ora fa davvero bella mostra di sé, adagiata in posizione di dominio di fronte all’ampio panorama delle Langhe, alla confluenza tra via Carrù e via Bene Vagienna. Dedicata a San Bernardo delle Alpi, protettore dei pellegrini, la cappella è uno tra i più interessanti monumenti artistici del Monregalese. Un’antica torre, verso l’anno mille, a guardia del paese, su cui venne edificata la chiesetta, che conserva, all’interno, un ciclo di affreschi tardogotici datati 1451 e firmati da Frater Henricus che, per molto tempo, gli studiosi hanno pensato potesse essere il fratello di Giovanni Mazzucco, attivo a Piozzo nel 1481 (suoi gli affreschi della cappella del Santo Sepolcro). Molto più probabilmente si tratta di un frate domenicano, poiché molti sono i richiami ai santi domenicani raffigurati nei medaglioni dei fregi, un artista colto e raffinato, di influenza toscana, la cui tecnica pittorica ricorda le iniziali miniate di molti manoscritti.

Eretta per ricordare gli antichi voti della comunità piozzese ai loro santi protettori, la cappella si trovava sul percorso dei pellegrini diretti a Santiago di Compostela, che qui hanno sostato, lasciando incisi sugli affreschi nomi e date. A conferma di ciò, sulle pareti laterali è narrata, in sette riquadri, la storia del "Miracolo dell’impiccato salvato" o "del gallo": leggenda di notevole interesse, che si richiama al ciclo di affreschi che ornano la cappella di San Giacomo di Prelles (Haute Alpes), anche questa sulla strada che conduceva i pellegrini a Compostela.
I piozzesi, si sa, hanno sempre avuto a che fare con le zucche: erano chiamati "lapacusse" probabilmente perché, per primi, avevano scoperto il modo di impermeabilizzare le zucche e usarle come borracce… Chissà che il metodo non l’abbiano appreso da uno di quei pellegrini che, con bordone, bisaccia e zucca al fianco, transitavano su queste strade verso Santiago.
Il recupero della cappella si deve all’Amministrazione comunale e ai volontari, che hanno dimostrato sensibilità verso le piccole-grandi bellezze del paese, nonché ai massari Silvana Bella e Cesare Vietti che, continuamente, si prendono cura dell’edificio.
Per chi lo desidera, ricordiamo che la cappella è visitabile su appuntamento e sarà aperta al pubblico la prima domenica del mese (da maggio a ottobre), i pomeriggi, dalle 16 alle 18, grazie al grande impegno dell’Associazione "Volontari per l’arte".

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