Mentre gran parte del mondo cattolico e in generale una buona porzione di opinione pubblica hanno accolto con senso di apertura e di responsabilità, nonché con una certa consolazione e con un vivo apprezzamento, gli spunti della recentissima esortazione post-sinodale di Papa Francesco “Amoris laetitia” (“La gioia dell’amore”) sulla realtà delle famiglie concrete dentro il progetto evangelico, non mancano anche coloro che ne sono aspramente critici, insistendo con dure contestazioni, rintracciabili sul web in abbondante assortimento. Allora, facciamoci la domanda cruciale: cosa cambia? E rispondiamo con qualche annotazione preziosa di mons. Vincenza Paglia, arcivescovo, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, che ha avuto ed ha le mani in pasta dentro questo percorso che è approdato alla esortazione post-sinodale e che adesso vedrà la sua applicazione. Ad “Avvenire” ha spiegato semplicemente alcune ragioni di fondo: “C’è un evidente cambio di passo e di stile che va a toccare la forma stessa della Chiesa. Sono parole, quelle di Francesco, che segnano un cambio di prospettive”. Insomma è “la differenza tra l’atteggiamento notarile e la responsabilità morale nei confronti delle vicissitudini della famiglia, da parte della Chiesa stessa, è un punto d’onore iscritto nella sua stessa dottrina, non un adattamento imposto dalle trasformazioni mondane. Non solo. Nella logica che ispira la sintesi che il papa offre della maturazione sinodale della coscienza ecclesiale. Anzi la Chiesa non potrà svolgere il compito che le è assegnato da Dio nei confronti della famiglia, se non coinvolgerà le famiglie in questo stesso compito. Secondo lo stile di Dio. E, pertanto, senza assumere essa stessa i tratti della comunione familiare”. Una rotta… raddrizzata. Al riguardo. In una Chiesa che si ripensa come famiglia in cui non si tagliano i ponti con nessuno, mai. Innanzitutto, esprimendo una consapevolezza condivisa, così come lucidamente la dice mons. Paglia: “Il matrimonio è indissolubile, ma il legame della Chiesa con i figli e le figlie di Dio lo è ancora di più: perché è come quello che Cristo ha stabilito con la Chiesa, piena di peccatori che sono stati amati quando ancora lo erano. E non sono abbandonati, neppure quando ci ricascano”. E poi il riconoscimento al vescovo, che è pastore, del mandato di prendersi in carico le pecore pure quando sbagliano e si smarriscono. A lui tocca di mettercela tutta per riportarle a casa, per averne cura, per farle sentire nell’amore di Dio, nonostante tutto. Per accompagnarle con pazienza e gradualità, caso per caso, cioè a tu per tu con persone e vicende. Questo è Vangelo portato dentro le situazioni familiari, spesso ferite e lacerate. E c’è da essere grati a Papa Francesco ed al Sinodo sulla famiglia, perché ce l’hanno riproposto.
Papa Francesco: un cambio di passo e di prospettiva
Gran parte del mondo cattolico ha accolto con senso di apertura e di responsabilità. Ma non mancano critiche aspre. Che cosa cambia?