Si è aperto giovedì 5 maggio il Festival della TV e dei nuovi Media 2016 a Dogliani.
GIORNO #1: IL REPORT: RENZO ARBORE, NINO FRASSICA, CARLO CRACCO...
GIORNO #2: IL REPORT: DIEGO ABATANTUONO, ALESSANDRO CATTELAN, ENZO MICCIO...
Dietro le quinte delle "Storie maledette" di Franca Leosini: drammi dal carcere, fra rispetto e animaIl Festival 2016 si conclude con la meravigliosa intervista di Alessandra Comazzi a Franca Leosini, giornalista delle “Storie Maledette”. Il programma che da 20 anni intervista dal carcere i protagonisti dei più conosciuti fatti di cronaca, condannati. E che spesso ha contribuito a far emergere verità mai venute fuori nei Tribunali, a volte anche in contraddizione con le "realtà processuali". Memorabile la “scandalosa” intervista a Leonardo Sciascia, “Le Zie di Sicilia”.
«Come mi rapporto con i miei intervistati – ha detto Leosini –, quando entro nelle carceri dove sono detenuti? Innanzitutto, con rispetto. È il cardine di tutto. Non sono 'interviste', le chiamo narrazioni. Non faccio mai pervenire le domande in anticipo: se le sapessero prima, sarebbe una recita. Ma mi preparo a lungo: studio gli atti del processo e cerco di capire lo psicodramma delle persone. In un certo senso, gli rubo l'anima... per poi restituirgliela».
Il giornalismo di inchiesta: una nicchia che va preservata
Con Sarah Varetto (Direttore di Sky TG24), Lirio Abbate (Caporedattore del settore Inchieste de L’Espresso), Corrado Formigli (Conduttore di “Piazzapulita”), Massimo Giannini (Condutture Ballarò), moderati da Andrea Malaguti (Responsabile settore Inchieste La Stampa).
Massimo Giannini (Ballarò): «Oggi pare ci sia una profonda crisi nella TV pubblica, legata in un certo modo al distacco fra la gente e il potere costituito, e il fastidio che il potere ha nei confronti di questo tipo di narrazione televisiva. Sentiamo la necessità di rispondere: come? Con l'inchiesta. L'inchiesta non è una breaking news: è qualcosa che va a fondo, che va oltre. Se il tema del giorno è "il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno?", l'inchiesta risponde: tanto per cominciare, noi non lo beviamo. L'inchiesta è anche un modo per superare la tirannia dell'audience, perché l'inchiesta non fa boom di ascolti. A volte ci riduce in una nicchia: ma questa nicchia va presidiata».
Sarah Varetto (Sky TG24): «Il racconto giornalistico televisivo ha molti mezzi, anche nell'inchiesta: basta non limitarsi al servizio da 1 minuto. Ed è questo il ruolo dell'approfondimento: portare all'attenzione del pubblico qualcosa che prima non era nell'agenda del giorno. Non c'era? Lo imponi tu. L'inchiesta è anche un modo per superare l'ansia di arrivare per primi: in un momento come questo, in cui nel web il proliferare delle fonti rappresenta un problema, l'inchiesta porta il giornalista a cercare una qualità maggiore. Non fa vendere, ma potenzia il nostro ruolo. E forse ci dà un po' più di coraggio».
Corrado Formigli (Piazzapulita): «Mi piacerebbe che la RAI riuscisse a dedicare un canale nuovo alle inchieste, allo scopo di costruire un pubblico. Dobbiamo coltivare la domanda per questo tipo di offerta giornalistica. Un canale di approfondimenti che, anche per un periodo di due anni, restasse senza pubblicità per poter costruire un pubblico interessato. E poi, solo dopo, lo si potrà mettere alla prova del mercato».
Silurata di Abbate sul caso del figlio di Totò Riina a "Porta a Porta": «Quel caso ha dimostrato che ci sono... giornalisti e giornalisti. Hai un'occasione del genere, e la usi così? Hai il figlio di un boss mafioso in studio, e gli fai dire quelle cose? Con domande concordate? Io credo che la gente sappia capire. La prossima volta, forse tutti cambieranno canale».
Legalità: Li chiamiamo "furbetti" ma sono i disonesti
Si discute con il Caporedattore del settore Inchieste de L’Espresso Lirio Abbate, con il Presidente di Coop Italia Marco Pedroni, con il Direttore della Testata Giornalistica Regionale Rai Vincenzo Morgante e con il Magistrato, già Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, Gian Carlo Caselli, moderati da Luca Ponzi, Giornalista Rai.
Giancarlo Caselli: «La cultura della legalità stia perdendo al battaglia contro i "furbetti"? Beh, a volte si ha la sensazione che la legalità sia vista dal cittadino come "un fastidio", un laccio che ci impedisce di fare qualcosa. Oppure come qualcosa che riguarda solo "il mondo del guardie & ladri" e che noi, cittadini, non ne siamo toccati. Si pensa: e vincono le guardie bene, ma se vincono i ladri... pazienza, tanto a me non cambia nulla. Non è così: bisogna che capiamo che la legalità è un bene per tutti. Che conviene a tutti. Che migliora la qualità della nostra vita. Ogni passo verso la legalità è un passo verso la giustizia sociale. E in questo senso, i media hanno una grossa responsabilità».
Marco Pedroni (presidente Coop Italia): «Il consumatore deve capire che se paga una certa verdura 0,30 euro al chilo... forse dietro quella verdura c'è qualcosa che non va. Il "caporalato" è un problema reale, lo sfruttamento del lavoro esiste eccome. Se il consumatore diventerà consapevole, il balzo in avanti nella legalità è possibile».
Lirio Abbate (L'Espresso): «Le inchieste possono aiutare a sconfiggere l'illegalità, perché portano i fatti alla luce. Perché se c'è ignoranza,l'illegalità dilaga: ecco a cosa servono le inchieste. Ma devono essere chiare e devono riguardare il territorio, le cose che i cittadini notano, i personaggi che conoscono. E ci vuole il coraggio di pubblicare le inchieste davvero scomodo».
Sotto scacco: come i media influenzano l’economiaDibattito sul rapporto tra i media e l’economia: Carlo Cimbri(Amministratore Delegato e Direttore Generale di Unipol), Sarah Varetto (Direttore di Sky TG24), Roberto Napoletano (Direttore Il Sole 24 Ore), Ferdinando Giugliano (Giornalista de La Repubblica), Federico Fubini (Vicedirettore de Il Corriere della Sera). Conduce Francesco Manacorda (Vicedirettore de La Stampa).