A Torino un 1º maggio in blue

Il reportage del Torino Jazz Festival durante la festa del lavoratori

Domenica primo maggio, con la grande festa in Piazza Castello, si è chiusa l’edizione 2016 del festival che ormai da cinque anni consegna le chiavi di Torino alla scatenata tribù del jazz. Un’edizione ricchissima con un ampio cartellone e proposte che spaziavano in tutti gli stili e le forme di quello che può essere considerato, più che un genere musicale, un modo di intendere, vivere e pensare la musica. Potenzialmente il jazz è tutto ciò che vive nel momento in cui è pensato e suonato, tutto ciò che si contrappone a uno spartito rigido in cui ogni evento sonoro è sistematicamente previsto e matematicamente coordinato. Un’idea che trascende i confini dell’arte musicale. Non a caso il tema di questa quinta edizione è proprio il legame tra il jazz e le altre arti, in un percorso che mette in relazione ogni forma di creazione artistica con l’essenza dell’improvvisazione, con lo spirito della libertà e della spontaneità. Se a Roma dominano le note rosse dei sindacati e a Taranto le note verdi per l’ambiente, a Torino il primo maggio è dominato dalle note blu; come quelle del Gonzalo Bergara quartet, una formazione alla prima apparizione in Italia. Si tratta di un gipsy jazz molto tradizionale nel suono e nelle forme, ma moderno e cosmopolita, perennemente diviso tra le atmosfere polverose e malinconiche delle strade di Buenos Aires e lo spleen dei boulevard parigini. La Artchipel Orchestra diretta da Ferdinando Faraò è stata la prima delle due grandi formazioni della giornata: ha proposto un arrangiamento per big band della musica dei Soft Machine, protagonisti coi Pink Floyd della psichedelia anni ‘60. Seconda big band sul palco è stata quella diretta da Giovanni Falzone, preceduta però dall’apparizione un po’ a sorpresa della violinista e cantante cubana Yilian Canizares, caleidoscopio di suoni e crocevia di mondi musicali diversi. La Contemporary Orchestra diretta da Falzone ha deciso invece di accostarsi al materiale dei Led Zeppelin, ricchissima di influenze al jazz e al blues, che la nutrita sezione fiati coordinata con il nucleo rock ha saputo sfruttare al massimo. Il gran finale è stato affidato agli Incognito, storica band inglese, nome oggi forse meno noto al grande pubblico, ma che ha segnato la storia del funk e dell’acid jazz, diventando uno dei modelli principali per band come i Jamiroquai e i Brand new heavies. Una vera e propria macchina da guerra dispensatrice di groove irresistibile, con un’indiavolatissima sezione ritmica, e atmosfere cool. Lo show si è aperto con un omaggio a Prince e chiuso con le note di One Love di Bob Marley, su cui la band ha salutato il pubblico, ricordando che, a dispetto delle diverse culture ed etnie, siamo tutti fratelli sotto il segno del groove. Parole perfette per chiudere i dieci giorni di questo TJF.

Questi gli appunti di tutta la giornata, artista per artista.

Gonzalo Bergara Quartet è una formazione poco nota in Europa, e quella di Torino è stata la prima apparizione in Italia. Gonzalo è un musicista e compositore di origini argentine, nato a Los Angeles e innamorato delle atmosfere parigine e polverose delle jam sessions di Django Reinhardt e Stephane Grappelli. Tutte queste influenze vanno a confluire nella musica che scrive e interpreta con il suo quartetto di strumentisti (chitarre, contrabbasso e violino): un gipsy jazz fresco e genuino, molto tradizionale nel suono e nelle forme, ma moderno e cosmopolita, perennemente diviso tra le strade di Buenos Aires e i boulevard parigini (in questo può far un po' ripensare alla New Musette di Richard Galliano).

the Juillard School Jam Session Sul palco si sono alternati i ragazzi del conservatorio di Torino insieme ai musicisti della Juillard school; lo spazio è stato concluso da un brano suonato dall'orchestra del corpo docente, con Emanuele Cisi e il chitarrista Rodney Jones. 

Artchipel Orchestra (direttore Ferdinando Faraò) La Artchipel Orchestra, diretta da Ferdinando Faraò, è la prima delle due grandi formazioni della giornata, entrambe impegnate in un tributo a grandi rock band del passato. La Artchipel ha riportato in scena, reinterpretate in chiave jazz, le musiche dei Soft Machine, la band protagonista, assieme ai Pink Floyd, del periodo della psichedelia degli anni '60, con il suo caratteristico sound ricco di dissonanze e particolarmente influenzato dal free jazz e dalle tendenze della musica colta contemporanea. 

Yilian Canizares La cantante e violinista cubana, apparsa un po' a sorpresa e inserita nel programma all'ultimo momento, ha proposto i brani tratti dal suo ultimo album “Invocacion”. La musica di Yilian è un caleidoscopio di suoni, un crocevia di mondi musicali diversi. C'è la musica classica, proveniente dagli studi musicali della giovane violinista, ci sono i ritmi complessi della tradizione africana, c'è la tradizione della musica, ma soprattutto della cultura cubana, che è uno dei fondamenti proprio di Invocacion. 

Contemporary Orchestra (direttore Giovanni Falzone) La seconda big band a salire sul palco è stata quella diretta da Giovanni Falzone che ha deciso di accostarsi al materiale di una delle leggende della musica rock: i Led Zeppelin. La musica della band britannica, già di per sé ricchissima di influenze legate alla tradizione della musica nera e quindi al jazz e al blues, è stata riarrangiata per il particolare organico a disposizione di Falzone, comprendente, oltre al nucleo rock composto da chitarra, basso e batteria, una nutrita sezione di fiati, dai più classici (tromba, tromboni, flauto e sax) ai più stravaganti (fagotto). Il musicista siciliano si appropria dei riff, dei temi e dei motivi più memorabili partoriti da Page, Plant, Jones e Bonham, e li utilizza come base per lunghe suites, intervallate da momenti strumentali solistici e improvvisazioni, sempre con un sound tirato e coinvolgente. 

Incognito In tour per promuovere l'album “Amplified Soul” del 2014, hanno proposto alcuni brani dell'ultimo lavoro e alcuni pezzi storici. Il sound degli Incognito poggia su solidissime fondamenta: la sezione ritmica di Francis Hylton, Francesco Mendolia, e Joao Caetano, rispettivamente basso, batteria e percussioni. I tre compongono una formidabile macchina da guerra, dispensatori di groove, precisione ritmica chirurgica e notevoli virtuosismi. A questi si aggiungono le tastiere di Graham Harvey, che spaziano dall'organo Hammond ai Synth passando per il piano Fender Rhodes, i fiati Sid Gauld, Alistar White e Paul Booth (tromba, trombone e Sax) le due chitarre di Francisco Sales e del band leader Jean Paul “bluey” Maunick, oltre alle voci di Vanessa Haynes, Mo Brandis e Katie Leone. Lo show degli Incognito, apertosi con l'omaggio a Prince e alla sua Purple Rain, è stato un continuo crescendo di intensità e ritmo e si è conclusa sulle le note di One Love di Bob Marley, sulle quali la band ha salutato il pubblico, con un grande messaggio di fratellanza. A dispetto delle culture e delle etnie diverse in cui è divisa l’umanità siamo tutti fratelli nel groove e nella musica.

si sono alternati sul palco i ragazzi del conservatorio di Torino che hanno partecipato alle jam sessions con i musicisti della Juillard school. Lo spazio è stato concluso da un brano suonato dall'orchestra del corpo docente, con Emanuele Cisi e il chitarrista Rodney Jones.  

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