La Commissione parlamentare antimafia giustamente non si arrende. E così ha passato in meticolosa radiografia oltre tremila candidature alle elezioni comunali di scena domenica 5 giugno. Ed alla fine di questa puntigliosa verifica – condotta su tredici Consigli comunali sciolti o sotto esame – sono finiti nella rete di… legalità, ben 14 persone da ritenersi “impresentabili”, in ragione di condanne subite per rapina, per ricettazione, per bancarotta fraudolenta… (tanto per citare casistiche che inquietano). Insomma siamo alle solite, con l’azzardo chi ci prova comunque a percorrere le strade della politica, provenendo da mondi per lo meno ambigui. La fattispecie è triplice: otto non avrebbero dovuto essere candidati in base alla legge Severino, tre non potranno essere proclamati eletti e tre sono oltre il codice di autoregolamentazione siglato tra i partiti. All’attenzione è però balzato un denominatore comune: tutti questi personaggi “incandidabili” o “ineleggibili” fanno parte di liste civiche. Netta la considerazione della presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi: “Le liste civiche, fatte nel modo che abbiamo visto, sono un varco per le mafie”. Insomma il rischio di infiltrazione mafiosa non è così aleatorio. Si profila concreto. E la stessa Rosy Bindi si sofferma su alcuni limiti della normativa al riguardo, per poter sbarrare più efficacemente queste “avances” inaccettabili. Ma sempre da parte di Rosy Bindi c’è un appello quasi accorato ai partiti che “dovrebbero decidersi a metterci la faccia. Se si vuole estirpare la mafia, serve chiarezza non operazioni trasformistiche”. E poi un altro dato preoccupante: su 3.341 candidati sono ben 283 le “situazioni giudiziarie definitive”, anche se sovente si tratta di “reati di scarso allarme sociale”. Questa attenuante – chiamiamola così – non ci autorizza a passarci sopra come se niente fosse. Cioè non è comunque un bel vedere.
A 70 anni dalla proclamazione della nostra Repubblica, su questo terreno cruciale della legalità nell’esercizio della politica che è per definizione “a servizio del cittadino” (e non per altri scopi o per altri interessi), è indispensabile ancora uno scatto di reni, da parte di tutti ed in particolare da parte di chi sceglie appunto la politica come impegno per gli altri. E la forma partito – dopo stagioni non esaltanti - forse va un po’ rivalutata ed anche resa ovviamente più trasparente, nella chiarezza dei ruoli, di maggioranza e di opposizione (interna ed esterna). In questo modo dovrebbero essere fisiologici gli anticorpi adeguati. Insomma questa è la democrazia, antica e sempre nuova, che può mettere al riparo da tante possibili derive od opacità.
La politica non ha bisogno di “impresentabili”
La Commissione parlamentare antimafia giustamente non si arrende.