In questo periodo dell’anno ci si ritrova spesso a parlare di festival. In realtà oggi questo sostantivo, in musica, ha ben poco a che vedere con quella che si può definire la sua vera natura. Il processo di trasformazione al quale si sta assistendo è continuo e si fa molta più fatica a delinearne i contorni. Festival dovrebbe essere considerato un appuntamento su uno o più giorni che ha l’obiettivo di prendere un tema di riferimento e declinarlo secondo due direttrici: un denominatore comune, nei contenuti delle proposte avanzate dagli artisti e nella scelta degli stessi; la ricerca di temi di confronto con altre discipline, per stilare una sorta di “stato dell’arte”. All’idea di festival si abbina quella di un’occasione di confronto con il pubblico, per farlo scegliere, presentando occasioni di arricchimento, anziché dargli in pasto ciò che già si aspetta; essere novità, prendere qualche abbaglio, osare, per dare allo spettatore un qualcosa in più rispetto a quando è arrivato, e rendere così un momento di intrattenimento occasione per fare cultura.
Nel corso degli anni, questi elementi cardine sono andati svuotandosi perchè è stato necessario inserire altro, e trasformare un festival in un Evento. Il festival è sempre più simile a una rassegna, in cui si cerca di accontentare un po’ tutti i pubblici, si fa sempre meno ricerca, si rischia meno andando alla ricerca del successo garantito: il pubblico è un consumatore, ha un bisogno (magari inespresso), esprime una domanda. Giusto o sbagliato che sia – non si vuole entrare nel merito della scelta perchè (se espresse) sono lecite entrambe – questo è un elemento da non sottovalutare, perchè vincola le scelte del direttore, la linea artistica, e la rappresentazione che si vuole fare del mondo in cui si vive.
In questo senso la cinematografia è riuscita a mantenere un elemento distintivo che in musica si è perso, soprattutto perchè artisti ed etichette, diventati un tutt’uno con la distribuzione e il booking (ossia chi vende le date dei live), non vendendo dischi hanno bisogno dei concerti per “fare cassa” molto più che in passato. A meno che non si vada alla ricerca di eventi estremamente settoriali o della musica in qualche modo “colta”, intrattenimento e cultura sono concetti troppo spesso tenuti separati, o – al contrario – troppo spesso confusi e usati in modo improprio; la questione “biglietto sì, biglietto no, biglietto a che prezzo?, biglietto troppo caro!” non trova ancora risposta; ci si mette troppo nelle mani di chi la musica la pensa o la distribuisce, e non di chi la musica la fa, salvo poi denigrare chi prova a “sporcarsi le mani”. Noi ascoltiamo, andiamo ai festival, seguiamo le rassegne, ci emozioniamo o critichiamo, anche se – come sostiene la “nostra” Cena Polemica – «siamo troppo concentrati su quello che accade attorno alla musica, anziché trovare occasioni per ascoltare musica».
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