La magia di un festival: il Primavera Sound

    Che cos'è un festival, come lo si vive? Non vi voglio raccontare di ogni band vista; certo, i Beak, Thee Oh Sees, gli Explosions in the Sky, i Sigur Ros; sentire PJ Harvey intonare "to bring you my love" anche da lontano è stato emozionante e l'adrenalinico live di Ty Segall è stato una degna conclusione di questi tre intensi giorni; ma che facciate parte della schiera degli habituè o di quelli che ci sono stati per la prima volta, sarete tutti d'accordo nel consigliare l'esperienza.

    L'edizione numero 16 del Primavera Sound si è conclusa da pochi giorni, e reduce dal viaggio di ritorno, con la valigia ancora da svuotare e alcune ore di sonno ancora da recuperare, mi appresto a fare i primi bilanci. Non vi voglio raccontare di ogni band che ho visto, perchè sono state davvero tantissime; certo, aprire con i Beak> è stato pazzesco, ed ancora ho stampata nel cervello l'immagine dei due batteristi dei Thee Oh Sees che suonano perfettamente coordinati con una potenza incredibile. Gli Explosions in the Sky mi hanno stregata nonostante i suoni troppo bassi e lo stesso hanno fatto, inaspettatamente, i Sigur Ros. Sentire PJ Harvey intonare "to bring you my love" anche da lontano è stato emozionante e l'adrenalinico live di Ty Segall con i suoi Muggers è stato una degna conclusione di questi tre intensi giorni; ma queste sono cose che potete leggere in ogni report del festival, dalla penna di professionisti ed in modo molto dettagliato. Che facciate parte della schiera degli habituè o di quelli, come la sottoscritta, che ci sono stati quest'anno per la prima volta, sarete tutti d'accordo nel consigliare l'esperienza. Di seguito vi voglio snocciolare alcuni dei miei personali motivi.

    E' UN EVENTO ESTREMAMENTE GODIBILE. Essendo una novellina, sono arrivata a Barcellona il giovedì pomeriggio, recandomi direttamente al Forum, senza pensare a tutta la gente che quello stesso giorno, il primo del festival, necessitava di cambiare il biglietto con il bracciale. Arrivata sul luogo, la coda girava intorno al Forum e per raggiungerne la fine ho camminato per diversi minuti; eppure, tempo non più di mezz'ora ero sotto uno dei palchi a godermi il primo live. L'organizzazione è impeccabile, e se siete spaventati all'idea della massa, di restare imbottigliati mentre vi recate da un palco all'altro o delle code, vi posso tranquillamente rassicurare. Nessun disordine, neanche nelle ore notturne quando l'alcool comincia a scorrere copiosamente. Sotto i palchi la gente è tanta, ma si riesce a godere comodamente dello spettacolo senza dover spingere, e senza essere spinti di conseguenza. Le file per mangiare sono ragionevoli, l'offerta di cibi è varia e si trova sempre un posto per sedersi, se si è disposti a condividere il tavolo. Poca l'attesa anche per essere serviti nei numerosi punti ristoro (la birra, quest'anno Heineken, però è un po' cara rispetto al cibo) e inaspettatamente, zero coda per i bagni, tra l'altro decisamente puliti.

    E' TRASVERSALE. Al Primavera Sound potete trovare qualsiasi tipo di personaggi: dal ventenne hipster in cerca dell'ultima band rivelazione di cui ha letto su Pitchfork, che cura uno dei palchi minori, al quarantenne nostalgico che aspetta ore sotto il sole per sentire i Radiohead suonare finalmente Creep, o che decide di godersi Dinosaur Jr, o Shellac, o Tortoise, o la reunion dei Drive Like Jehu (tutti la stessa sera, come una sorta di rito propiziatorio per riportare in vita i primi anni 90), le famiglie con i figli che scelgono di sentire qualcosa di meno spinto, magari seduti sulle gradinate davanti al palco Ray­Ban. E poi ci sono i trentenni come me, che tra vecchie glorie e nuove leve cercano di racimolare tutte le energie possibili per restare svegli (e soprattutto in piedi, e a ballare) per nove ore consecutive, per portare a casa più esperienza possibile. Sicuramente vi ritroverete in una di queste categorie, e sicuramente non vi sentirete fuori luogo.

    NON E' ECONOMICAMENTE IMPEGNATIVO. Lo so, quasi 200 euro per tre giorni può sembrare una cifra non esattamente da poco (in ogni caso, dal 15 giugno sono aperte le vendite per l'edizione 2017 a prezzi scontati, che si alzano ogni tre mesi), ma se pensiamo al costo medio di un grande concerto in Italia con un solo headliner e un gruppo spalla semi sconosciuto, possiamo rivalutare l'intera operazione. Le band presenti all'ultima edizione erano circa 250, tra nomi più noti e artisti underground. Una bella scorpacciata di musica con una scelta così variegata da spaziare praticamente in ogni genere, dal rock più nostalgico, all'indie più underground, all'elettronica, al rap e all'hip­hop.

    GLI SPONSOR SONO PRESENTI, MA NON INVASIVI. Uno dei motivi che garantiscono un prezzo sempre contenuto sono i grandi sponsor che sostengono l'evento. Quasi tutti i palchi hanno il nome di un marchio (ad eccezione del Primavera, che comunque qualche anno fa si chiamava San Miguel, come la birra), ed è norma trovare stand pubblicitari, come il blind date a cura di Ray-Ban, o il pulmino karaoke di Firestone. Nessuno cercherà di vendervi nulla, e se serve a ridurre i costi, e a togliere di mezzo le bancarelle di dubbio gusto a cui i festival italiani ci hanno abituati, ben vengano le grandi multinazionali, per una volta. Basta ignorarle.

    LA MUSICA E' UNA COSA MERAVIGLIOSA. E va sostenuta ed incoraggiata il più possibile. In soli tre giorni (5 se contiamo anche gli eventi collaterali) sarete sottoposti a stimoli costanti, sfoglierete e correggerete la scaletta che vi eravate preparati decine di volte, vi farete trasportare da un suono che vi colpisce, o dalla folla che si sposta da un palco all'altro. Tornerete a casa con un bagaglio pienissimo di band nuove da riascoltare con calma, e nel giro di pochi anni potreste ritrovarle su uno dei palchi principali. Sentirete grupi che per anni non suoneranno in Italia, e se lo faranno, sarà in qualche piccolo club di fronte a pochi spettatori, mentre li è tutto grande, è tutto amplificato. Assisterete a show che verranno ricordati negli anni e potrete scatenare l'invidia degli amici con il fatidico "io c'ero". Tutto questo, per chi ama la musica davvero, si chiama scoperta, si chiama emozione. Ed è impagabile.

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