Gli hanno detto addio con le note di "Nothing Else Matters" dei Metallica e una bottiglia di birra. E se questo vi sembra strano, a un funerale, non avete capito nulla di chi era Bill. Chi porta addosso un tatuaggio lo sa bene se lo terrà per sempre. E tale era lui: il suo ricordo ora è impresso sui suoi amici, affetti, compagni e fratelli, con inchiostro indelebile. Come i suoi disegni.
Bill (che per l’anagrafe si chiamava Peter Schmidl, ma la cosa nel suo caso quasi non ha nessuna importanza) era un vero personaggio. Baffoni, pelle disegnata, look da harleysta. Un ragazzo di 52 anni dall’animo buono e generoso. Se ne è andato per colpa di un male che l’ha portato via in meno di un anno, lasciando la moglie Mari e due figli. Il funerale si è svolto in forma laica sabato mattina, all’ospedale di Mondovì, fra un gran numero di amici che per Bill erano stati le tele su cui imprimere la sua arte. Un tatuaggio è qualcosa che dura per tutta la vita: e allora forse non resta solo sulla pelle ma scende più in profondità fino all’anima.
Originario di Vienna, da “madonnaro” era passato a disegnare la pelle umana. Aveva aperto uno studio tattoo a Cuneo quando nessuno aveva mai visto lo studio di un tatuatore, e poi si era trasferito a Mondovì. Uno spirito libero: «Hai vissuto ogni giorno pensando al presente e godendoti l’attimo – è la lettera con cui l’hanno salutato –. Sappiamo benissimo che la tua anima sarà sempre al nostro fianco e a quello di Mari, che hai reso la donna più felice del mondo. Ciao, Bill».