Chi si poteva immaginare, organizzatori del Nuvolari compresi al momento delle scelte per l’edizione 2016, che uno degli eventi principali della programmazione potesse coincidere così fortemente con gli episodi di cronaca nera a cui abbiamo assistito in quest’ultima settimana e che hanno traumatizzato una nazione intera come gli Stati Uniti d’America, a seguito di quanto accaduto a Dallas. Venerdì 8 luglio infatti a Parco della Gioventù i londinesi Asian Dub Foundation hanno suonato reinterpretando in live la colonna sonora del film di Matthieu Kassovitz, L’Odio (premio per la miglior regia al Festival di Cannes del 1995), in cui si narrano le vicende di tre amici nelle 24 ore seguenti ai tafferugli tra Polizia e “casseurs” nei sobborghi parigini (il film prende spunto dal fatto reale dell’uccisione di un ragazzo delle banlieues).
Storie di ieri e storie di oggi che si ripetono, che tornano a distanza di anni, in tutta la loro crudeltà e come purulenta recrudescenza di un male ancora troppo radicato nella società e non ancora debellato. Inevitabile fare un confronto e constatare che a distanza di anni e di chilometri i problemi continuano ad essere ancora gli stessi e che il tema portante sia proprio l’odio e la violenza che ne scaturisce e con cui questo si accompagna.
Dopo il bel live di apertura dei Crazy Power Flowers, non appena le prime immagini vengono mandate sullo schermo dietro alla band si intuisce che si avrà a che fare con una proiezione un po’ particolare: il film, perchè oggetto della serata, più che la band sul palco, diventa la visione della pellicola, impressiona ancora oggi per la violenza delle sue immagini in bianco e nero, per la velocità del montaggio e dei dialoghi, che in versione originale e sottotitolati – per chi riesce a carpire qui e là uno slang parigino, ricco di espressioni e modi di dire – diventano ancor più dirompenti. Ad accentuare ancora di più un forte senso di fastidio e di stress, si aggiungono poi la musica della band e i sonori riprodotti. Chitarra, basso e batteria seguono e si intrecciano lungo quasi tutto il film (pochi gli spazi lasciati privi di musica) e creano un’atmosfera quasi surreale in cui il senso di stordimento (forse dovuto a un volume anche un po’ troppo alto) prende il sopravvento. Le persone urlano, le botte e le corse si accentuano, la musica incombe, sovrasta, deflagra fino allo sparo finale.
Molto probabilmente se le cose non sono andate nello stesso modo a Dallas, beh, la sensazione è che la rappresentazione de La Haine abbia dato sufficientemente un’idea di quello che può essere accaduto. Oggi come allora.
“L’Odio” tradotto dagli Asian Dub Foundation
I live di culture club 51, al Nuvolari