E’ un peccato… mortale

Sul terreno ambientale non è che si possa dare solo e sempre la colpa ad altri. Dentro la partita ci siamo tutti. La Terra la salviamo insieme. Lo ricorda papa Francesco, in questi giorni in cui la Chiesa ha invitato a riflettere sulla salvaguardia del creato.

Il creato, in cui abitiamo più o meno tranquilli od affannati, è sempre di attualità. Vuoi per le sue sorprese che sconcertano ed impauriscono come quelle determinate dai terremoti (cui si aggiunge però l’imprevidenza dell’uomo che si dimentica di questa fragilità e sbaglia di grosso non curandosene, contribuendo a mettere a rischio la vita di tanti), vuoi per i danni che si sono causati e si stanno causando con inquinamenti assortiti e con avvelenamenti vari che ricadono su una natura spesso pesantemente compromessa e debilitata, vuoi per politiche sbagliate che stanno saturando il pianeta Terra e lo portano su un piano inclinato molto pericoloso, vuoi per le pratiche quotidiane in cui ognuno potrebbe evitare piccoli-grossi guai alla Terra stessa che ci appartiene ed a cui apparteniamo, facendo invece finta di niente e sporcando a più non posso… E su questo terreno ambientale non è che si possa dare solo e sempre la colpa ad altri. Dentro la partita ci siamo tutti. La Terra la salviamo insieme. Lo ricorda papa Francesco, in questi giorni in cui la Chiesa ha invitato a riflettere sulla salvaguardia del creato. Jorge Bergoglio, ai credenti che prendono sul serio il Giubileo, ha chiesto di spendersi su una nuova “opera di misericordia”, per farsi carico dell’ecologia sull’uscio di casa, nelle realtà feriali, dentro le logiche concrete della vita, del lavoro, del tempo libero… facendo così salire di tono la pressione su chi ha responsabilità più vaste e più grandi, per modificare i destini critici del mondo in cui viviamo. Le parole di Francesco sono forti. C’è da considerare – spiega – come un gesto di peccato quello che comporta un danno ambientale, a tutti i livelli. C’è da chiederne perdono. C’è da convertirsi. C’è da cambiare rotta. Ne aveva scritto ampiamente nella formidabile enciclica “Laudato si’…” (che meriterebbe una rilettura, con calma. Per questo un suggerimento: si potrebbe leggere un paragrafo al giorno… ci vorranno tanti giorni, ma saranno giorni illuminati su un’urgenza indifferibile!).
“La terra grida, non possiamo arrenderci o essere indifferenti alla perdita della biodiversità, e alla distruzione degli ecosistemi, spesso provocati dai nostri comportamenti irresponsabili”. Il messaggio del Papa per la Giornata di sensibilizzazione al rispetto della natura, celebrata il primo giorno di settembre, ovviamente non è un solo discorso che qualcuno potrebbe liquidare come moda. E’ invece uno scossone perché non si trascuri il grido di allarme del Cop21 di Parigi nel dicembre scorso, su cui quasi nessuno ritorna più.
Curare la Terra significa curare l’uomo, farsene carico, rispettare la sua dignità. C’è solo da rimboccarsi le maniche, su questa frontiera da mina vagante. E darsi da fare, presto, molto presto. Il creato sta a cuore innanzitutto perché in esso è protagonista l’uomo. La natura non un mito, è la casa comune, da “custodire”, dice la Bibbia. Nella casa stanno le persone. Non ci si può affannare soltanto per una casa-museo o per un paradiso incontaminato destinato a pochi eletti. Ci si preoccupa dell’habitat dell’uomo, di tutti gli uomini, dei più poveri, degli indifesi (sui quali spesso ricadono le conseguenze dei cambiamenti climatici e delle compromissioni di grossa portata ambientale), anche di quelli che verranno un domani. Per i quali la casa comune non potrà essere consegnata in condizioni precarie, come depredata, malmessa, squinternata, invivibile. E, grazie a papa Francesco che ce lo ricorda con insistenza e lucidità!
C’è un patrimonio comune, una ecologia umana, che se si disperde è un peccato… mortale, magari irrimediabile.

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