L’estate 2016 si è rivelata un ottimo momento per gli ascolti di alcune band locali, tornate a produrre nuova musica. I Madyon, cuneesi che nel corso degli anni scorsi hanno riscosso un nutrito consenso (in termini di visualizzazioni) grazie a youtube hanno visto nascere il secondo Ep, Roll The Shadows, con un sound completamente rivisitato. Rispetto al precedente (e primo) Ep, il nuovo lavoro della band, uscito a giugno, guarda ad un passato prossimo del rock, come il brit-pop della fine millennio. La prima suggestione che arriva, ascoltando il brano di apertura, Alive, e che si snocciola poco a poco lungo il resto del lavoro, non è tanto la tradizione più classica di band come Blur, Elastica, Oasis o Pulp, ma quella di poco successiva e che ha visto nell’esplosione di Coldplay, e altre realtà come Keane e ultimi (sebbene non propriamente autoctoni) i Mumford and Sons, i principali esponenti. Un rock dove intimismo sentimentale si sposa con sonorità tra l’elettronico e l’acustico (Falling Star), dedito all’indagine introspettiva (the Biggest Lie) ed a quella che per una band, soprattutto di questo genere, si rivela come obiettivo finale: realizzare un disco capace di rispecchiare un sound proprio, in grado di non subire l’invecchiare del tempo. All’ascoltatore la valutazione se l’obiettivo sia stato pienamente raggiunto.
Percorso diverso hanno invece compiuto negli anni Marco “Ciuski” Barberis, Sandro Corino, Diego Mariia e Valerio Longo, un sodalizio cresciuto e rafforzatosi grazie alla lunga militanza nell’indie italiano. La scelta di passare da sonorità tipicamente rock ad atmosfere in cui era principale l’influenza dell’elettronica ha portato la band a scegliere un restyling completo, totale, anche nel nome. Da Julie Rave a Umaan, quello che cambia è il processo di creazione artistica, melodica, un lento e graduale passaggio a sonorità più avvolgenti, algide: gli ascolti giovanili dei Depeche Mode e le nuove tendenze (dai Moderat a Nicolas Jaar) sono lo sfondo su cui si poggia questo disco (di prossima uscita e che vede la collaborazione di Riccardo Parravicini e Davide Arneodo) fatto di toni oscuri, un viaggio onirico, dove ciò che non manca è la forza emozionale di testi e melodie. Il cambiamento è sicuramente radicale, ma figlio di un percorso artistico costante e maturo, tale da convincere al primo ascolto. Umaan va dunque ben al di là dei Julie Rave, sposta l’asticella e detta nuovi confini. E, sebbene la scelta sia stata coraggiosa, convince e non può che essere giudicata positivamente.
Madyon e Umaan, nuovi confini
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