Il pensiero e l'arte possono avere più chiavi di lettura e soprattutto usare disparati modi di arrivare al pubblico, l'essere artista si accompagna talvolta al divismo, anche se non è detto siano due concetti che si sposino al meglio, e soprattutto rappresentino la stessa cosa.
Per chi è un appassionato di musica e bazzica nel rock indipendente Emidio “Mimì” Clementi è senza dubbio uno dei più influenti e principali artisti (insieme a Giovanni Lindo Ferretti, Manuel Agnelli, Cristiano Godano e Paolo Benvegnù) del rock anni '90. Alcuni di questi sono assurti a una sorta di autentico Olimpo, sacralità in virtù della fama raggiunta, altri, come Clementi, hanno continuato a proseguire nella propria vita, anche quando, conclusa la (prima) storia dei Massimo Volume, il nostro è tornato ad una vita fatta di minor visibilità, sui palchi, ma di discreto successo nelle librerie. Clementi è stato uno infatti che nella vita ha saputo sempre cavarsela, svuotando cantine, partecipando all'occupazione di Via del Pratello a Bologna nel 1991, prima di diventare cantante (dei Massimo Volume, appunto), e infine scrittore e romanziere, autore fine e sagace. L'esigenza più impellente è sempre stata quello di esprimersi attraverso la parola, scritta su carta o cantata (e urlata) con la voce: raccontarsi e raccontare, storie vissute in prima persona (o quasi), appoggiate su personaggi più o meno inventati, altre recuperate o totalmente immaginate pescando a ritroso nel tempo di letture, approfondimenti e esperienze. A differenza di tanti suoi colleghi che hanno cercato, talvolta di proposito, in altre occasioni quasi per caso, una sovra-esposizione mediatica per ottenere vantaggi per la propria immagine artistica e “campare”. Clementi ha rappresentato una sorta di anti-divo, lontano dagli stereotipi, e al contrario interessato alle storie che voleva raccontare (caratteristica principale della sua band era quella di non avere un vero e proprio cantato, ma un recitato, più o meno urlato, capaci di portare l'ascoltatore ad un'esperienza emotiva forte e d'impatto).
Oggi sulla soglia dei 50 anni, e con dischi che sono diventati autentiche perle della nostra tradizione rock (Stanze, Lungo i Bordi, Cattive Abitudini) Clementi si è lanciato, dopo l'esperienza del reading “Notturno Americano” (insieme a Emanuele Reverberi e Corrado Nuccini dei Giardini di Mirò), in Sorge, un nuovo progetto basato, per la prima volta sulle strumentazioni elettroniche curate da Marco Caldera (musicista, produttore e tecnico del suono) e su alcuni testi, inediti. La Guerra di Domani è un disco molto diretto, senza grandi fronzoli, in cui la musica elettronica acuisce la forza espressiva e la forma dei testi di Clementi.
Un ottimo modo quindi del Bar Alfieri di Mondovì per iniziare la striscia dei prossimi appuntamenti che, agli “Aperelli” domenicali, proporrà nelle prossime settimane anche il live dei Damasco e un nuovo progetto di Danilo “Doc” Dalmasso.
per scoprire qualcosa in più di questi artisti si consiglia l'ascolto dei link in calce:
che cos'è Sorge, parlano Clementi e Caldera: www.youtube.com/watch?v=vIHDVp4MPfw
il brano "noi Facciamo ciò che Siamo" di Sorge: www.youtube.com/watch?v=fxk1E6kdoi8
e questo invece uno dei brani principali de Le Cattive Abitudini, disco che ha sancito il ritorno sulle scende dei Massimo Volume. Un brano da pelle d'oca, queste Le Nostre Ore Contate: www.youtube.com/watch?v=yT46XPdZkzA