Profughi: carrucesi contro la cooperativa. «Ora trattiamo»

Il sindaco: «Non siamo un paese razzista: ma non vi siete comportati correttamente».

Un faccia a faccia quasi a senso unico, ma comunque un confronto. Carrù ha detto chiaro e tondo alla cooperativa Alpi del Mare che i profughi in paese non saranno ben accetti. Ammesso che poi arrivino davvero, come si era pensato. Perché la serata si è chiusa con il sindaco Stefania Ieriti che annunciava che la coop è disponibile a trattare: «Parliamo e prendiamo tempo. Ora conoscono cosa pensano i carrucesi».

Dopo la protesta della scorsa settimana, la sera di martedì 27 settembre il sindaco di Carrù ha convocato la cittadinanza per un confronto diretto con la cooperativa che a Carrù vorrebbe ospitare 20 profughi, in una casa del centro. «Un progetto di accoglienza ben regolamentato – ha spiegato il titolare Marino Pianezze –, come quello che gestiamo a Chiusa Pesio: li faremmo aiutare i carrucesi nelle manifestazioni, cercheremmo di inserirli socialmente. Non li vedrete certo girare in piazza a bighellonare con una bottiglia di birra in mano».

Il sindaco: «Io sono una donna e una madre carrucese. Ma in quanto sindaco, non accetto le falsità. Ho sentito dire dal privato che ha dato a disposizione l'immobile che ci aveva avvisati nel 2014: è una cosa falsa. Nessuno ci ha interpellati, non siamo nemmeno stati avvisati. Ringrazio la cooperativa, che questa sera è venuta qua in un ruolo non facile, e so che sono una ditta che lavora bene. Ma non possiamo accettare che ci diano dei razzisti, solo perché ci siamo lamentati di essere stati gli ultimi a venirlo a sapere. Se qualcuno ha cavalcato la vicenda per farsi campagna elettorale, credo abbia perso consensi anziché guadagnarne». Un’aggiunta: «Io non parlo solo nell’interesse dei miei elettori, ma di tutto Carrù: qua ci sono anche persone che non mi hanno votata. Se alle ultime elezioni comunali non avessimo raggiunto il quorum e oggi al mio posto ci fosse un commissario prefettizio, forse questa assemblea non sarebbe stata fatta»

La sala del Consiglio comunale era caldissima. La gente rumoreggia: «Non sapete nemmeno dirci quanti ne accoglierete e da dove verranno! Come facciamo a sapere che sono persone che non daranno problemi? Chi controlla? Perché accoglierete solo uomini e non famiglie?». I titolari provano a dare risposte: «La Prefettura firma il contratto con noi e fino all'ultimo momento non sapremo quanti sono e da dove vengono. Non abbiamo chiesto di ospitare donne, vogliamo evitare promiscuità».
Ma per molti il problema è "di fondo": «Siamo un piccolo paese: non potete portare 20 profughi qua, non ci sentiamo tranquilli». C'è paura: la solita sensazione che "i profughi" siano una minaccia a prescindere.

Qualcuno chiede almeno mediazione: «Siete un'azienda che vuole insediare qua un'attività, un progetto: come minimo, dovreste cercare una concertazione con noi. Ora avete capito come la pensano i carrucesi: ora sapete che questa cosa non ci sta bene. Perché non troviamo una mediazione?». La coop si dice disponibile a un confronto "a posteriori", a progetto avviato, per verificare che tutto vada come dovrebbe. Ma il sindaco fa un passo in più: «Trattiamo. Col dialogo vero si ottiene sempre qualcosa».

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