Eremiti, nel tempo della fretta e dello stress

    Un piccolo gruppo di eremiti si è dato appuntamento, pochi giorni fa, nell’ex-eremo domenicano a Lecceto di Malmantile, che è casa di accoglienza dell’arcidiocesi di Firenze

    Le curiosità, si sa, attirano sempre. E forse spinti da questa voglia di dare evidenza ad esperienze insolite, alcuni mass-media hanno ritagliato spazio ad mondo degli… eremiti. Sì, proprio quelle figure, un po’ mitiche e singolari, relegate – dall’immaginario collettivo – nei luoghi più isolati e più impervi, ai primi tempi del cristianesimo e poi nel medioevo, che hanno sempre avuto come capostipite s. Antonio abate raffigurato nel deserto dell’alto Egitto. Infatti anche oggi sono presenti, senza clamore, in siti più o meno al riparo dal chiasso, in un’esperienza di vita che comunque interpella. Ed un piccolo gruppo di eremiti si è dato appuntamento, pochi giorni fa, nell’ex-eremo domenicano a Lecceto di Malmantile, che è casa di accoglienza dell’arcidiocesi di Firenze, con l’animazione dei Padri Sacramentini. Per questi eremiti del terzo millennio un momento di confronto, condivisione, sosta, preghiera… per far tesoro delle rispettive scelte e testimonianze. In Italia – anche se non è agevole fare un censimento completo – dovrebbero essere almeno trecento questi eremiti, uomini e donne, che vivono da soli ma non isolati, praticando essenzialità, sobrietà e persino povertà dignitosa, cercando di mantenersi con un lavoro autonomo, coltivando la terra, dedicandosi alla preghiera, allo studio ed all’accoglienza di chi cerca appunto di sostare nei loro eremi, in montagna, nei boschi, vicino ai laghi, in disparte ovviamente… per un sorsata di aria diversa, staccando la spina dal tran tran quotidiano, aprendosi a dimensioni altre per uno spicchio di tempo differente. Figure che hanno rotto con le coordinate consuete dell’esistenza, magari dopo esperienze di segno diverso, provenendo dal mondo del lavoro, da un matrimonio risoltosi in vedovanza, uscendo da altre forme di impegno, preferendo questo estraniarsi per trovare e donare pace… Forse non è estranea, tra le motivazioni, anche quella di rompere gli schemi, in un’attitudine che ancora contesta come ai bei tempi di ’68 e dintorni… L’appartenenza ecclesiale è la più variegata. Quasi sempre c’è l’accoglienza di una Chiesa locale che apprezza la presenza dell’eremita 2.0, sentendola come un plusvalore davvero emblematico. Su “Avvenire”, Antonella Lumini, eremita fiorentina, ha spiegato come questa esperienza esistenziale e religiosa sia paragonabile a quel ruolo antico del ‘servus lampadarius’ per il suo padrone: fare luce ed illuminare la strada. Cioè attingere dall’eremita un segnale di marcia. Non è poco. Di questi tempi. Come altrettanto suggestiva l’interpretazione data, dalla stessa Antonella Lumini sempre su “Avvenire” per quanto riguarda la mission dell’eremita odierno, che ha “come comunità religiosa la gente che incontra e come chiostro, offerto a questa stessa gente, dimensionato ed aperto sul nostro cuore”.
    Non tutti, ovviamente, è bene né opportuno che facciano gli eremiti. C’è bisogno di normalità realisticamente consapevole. Ma è una grazia che queste figure, in controtendenza, ci siano, eccome.

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