Un esercizio di democrazia, su cui con un buona percentuale di votanti il nostro popolo si è espresso in modo molto chiaro, anzi netto. Il referendum sulla riforma costituzionale, proposta dal Governo di Matteo Renzi e varata dal Parlamento a maggioranza, è stata bocciata con un divario che non lascia incertezze: 59,1% no, a fronte di 40,9% sì. Il che, in termini assoluti, equivale ad uno scarto pesante di circa 6 milioni di voti. Sotto il profilo della Costituzione, almeno per ora, resta tutto come prima. Come era un po’ prevedibile, la lettura che si dà adesso dell’esito delle urne (e forse anche l’interpretazione della stessa secca opzione referendaria da parte di molti) è quella riferita a Renzi, mandato a casa, come anche lui stesso ha inteso ribadire nel momento in cui dalle urne era evidente che il no avrebbe prevalso decisamente. Già il premier aveva inizialmente personalizzato il referendum, poi i fautori del no hanno ovviamente rincarato la dose. Ed è stato arduo mantenere sul merito la campagna referendaria, strattonata dalla voglia di un plebiscito per Renzi e dall’altrettanta voglia di disarcionarlo dalla poltrona di Palazzo Chigi.
Adesso tutta la discussione si sta spostando sul dato politico, cioè su cosa succederà dopo le dimissioni di Renzi da primo ministro, su come, quando e se andare a votare per il Parlamento, sulla legge elettorale che attualmente è diversa per Camera e Senato, sulle ripercussioni in Europa e sulle Borse… Ed è anche logico che ciò avvenga, attendendosi il massimo di responsabilità dalle forze politiche per attraversare comunque un passaggio cruciale in cui il Paese va traghettato. Ai nostri politici, senza distinzione di colore, va l’appello a guardare appunto al Paese nel suo complesso e non solo al proprio orticello partitico.
Sulla Costituzione da modificare o meno, bisognerà riflettere. La riforma su cui si è fatto il referendum non era il massimo, frutto di compromessi e forzature, con voti di fiducia a raffica per farla passare. Più volte si è lamentata la mancanza dello spirito costituente. Forse occorre ripartire da lì. Inostri politici ne saranno capaci? E poi una domanda di fondo: ma questa Costituzione va proprio adattata dopo 70 anni o potrebbe funzionare sempre bene, solo se potesse contare su un mondo politico all’altezza? Cioè è colpa della Costituzione o di chi la dovrebbe vivere nella responsabilità politica?
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