A Mondovì esiste un pubblico?

Question time sulla musica live

A Mondovì il tema della musica live è assai attuale: diversi soggetti hanno (con modalità diverse) mosso le acque rispetto alla fine del millennio scorso, e come spesso accade quando si entra in campagna elettorale il tema fa gola per guadagnare consenso di un elettorato più giovane. Qui non si vuole criticare una posizione piuttosto che un’altra, ma contribuire come si è sempre fatto al dibattito, ritenendo, questo sì, che i punti di vista parziali non aiutino a trovare soluzioni soddisfacenti.
L’adagio è quello di andare alla ricerca di idee vincenti capaci di fare da richiamo, e su queste lavorare per aggregare. La domanda impertinente pone il dubbio se l’offerta passata fosse numericamente più ampia. Troppo spesso si è poi avuta la sensazione che campanilismi e fazioni, preconcetti e pregiudiziali, artistiche, di genere, luogo o anagrafiche, rischino di minare la costruzione di uno zoccolo duro indipendente da una singola proposta, ma base su cui poggiare lo sviluppo di una progettualità diffusa. Occorre un onesto esame di coscienza, qual è la partecipazione a ciò che viene proposto, e quale il pubblico? Il numero non certo come termine di confronto, ma come primo esercizio per cominciare a contarsi.
La sensazione che si ha, da un punto (forse non il migliore, ma pur sempre) privilegiato come quello di chi scrive, non è tanto rilevare la mancanza di idee nuove, nè (forse) di spazi in cui farle crescere, quanto il creare un pubblico a cui queste idee trasmetterle e capace anche di apprezzarle e non solo di snobbarle. Chi organizza un evento, che non sia di puro intrattenimento, si trova a fare i conti non solo con le cifre da far quadrare, le energie da mettere in campo e le incombenze da inseguire, ma anche con la diffidenza di chi non conosce ciò che viene proposto e alla mancanza di curiosità. Questo limite restringe drasticamente il cerchio all’entourage di amicizie e di persone prossime: questo vuol dire che o si possiede un bacino di conoscenze piuttosto ampio, o ci si attrezza per creare emozioni per piccole nicchie; chi cerca uno svago non viene più intercettato dalle offerte di un progetto “curioso”, più difficile trovare una convergenza o lo stimolo alla partecipazione, se non si viene coinvolti in modo diretto, attivo, o toccati da maggiore prossimità. Come generare dunque curiosità se non si agevola la cultura della curiosità: anche l’idea di un progetto mirabolante, se non supportata dall’aggregare persone con sensibilità diverse, difficilmente trova consacrazione nel tempo; il metodo può apparire laborioso, complicato e ideale, ma anche un contributo a generare una reale domanda di musica, a cui tutti sogniamo di dare risposta.

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