Carlevè: a Mondovì torna Arlecchino da Bergamo

Sarà la maschera ospite del 2017. Le sfilate domenica 19 e 26 febbraio.

Mondovì e Bergamo unite dal Carlevè: il Moro incontra Arlecchino Il Monregalese unito in gemellaggio con la storica maschera orobica
La tradizione dei gemellaggi carnascialeschi continua: dopo aver ospitato nel 2016 il 'Papà del Gnocco', tradizionale maschera veronese, il 2017 sarà l'anno di 'Arlecchino'! La Famija Monregaleisa, infatti, stringerà un solido patto con il gruppo folkloristico Arlecchino che vanta oltre settant'anni di incessante attività con innumerevoli partecipazioni in Italia e all'estero.
La Corte del Moro, dunque, incontrerà a Mondovì una delle maschere più rinomate della tradizione italiana, un nome altisonante, una tradizione che non ha un’età ben precisa, perché lo riconosciamo tanto nello sguardo divertito e curioso di un bimbo, quanto nella battuta sapida e arguta di un adulto già attempato. Con una certa disinvoltura attraversa anche la storia e gli ambienti sociali più diversi: nasce sulle piazze, ma non diserta salotti, teatri e regge; dialoga, interroga, stupisce e si racconta, ma più che altro svela un mondo in cui ancora si può sognare: lui, che viene dalla fame e sempre si affanna per sopravvivere.

«Arlecchino è un po’ tutto questo e altro ancora – racconta Giampaolo Locatelli, presidente del gruppo folkloristico Arlecchino -, che nasce dal confronto diretto col pubblico continuamente provocato dai suoi lazzi. Certo non è mai prevedibile e qualche volta è anche un po’ scomodo, soprattutto quando denuncia vizi e difetti che rispecchiano da vicino la nostra identità. Bisogna pur ammettere che non sempre siamo all’altezza di capire il sottile compiacimento di un’autoironia che governa sulle scene quanto nella vita mette a dura prova la nostra resistenza. Siamo allora tentati di disconoscerlo questo Arlecchino, ma lui, quasi ad ulteriore sfida, non esita a dirsi bergamasco. Oggi siamo in grado di affermare le sue radici, grazie al ricercatore Locatelli Eliseo ed al suo libro “ARLECCHINO CHE PARLA BERGAMASCO”. Ed è con onore che porteremo anche a Mondovì, in omaggio al Moro ed alla sua Corte, la storia della nostra maschera, fieri di tramandare l’origine Bergamasca di Arlecchino».

La storia di Arlecchino
Arlecchino è una figura riconducibile direttamente allo “zanni” (buffone), personaggio rappresentativo di un preciso ceto sociale e geografico, che, per esigenze di sopravvivenza nella Venezia del 1500, ha dato origine a quella forma di spettacolo denominata “Commedia dell’Arte”. L'origine del nome, invece, pare derivare addirittura da leggende nordeuropee, note fin dal sec XI. Per esigenze di scena, nasce come attore di spalla, ingenuo e sciocco, ma sempre pronto allo scherzo e immediato nel commento e nella risposta, a volte anche dirompente e provocatore ma, come tutti gli “zanni”, sempre proverbialmente affamato. Già nella metà del quidicesimo secolo lo si trova in alcune commedie rappresentate in Francia ed, in seguito, anche in Spagna. In Italia consoliderà la sua notorietà, verso la fine del 1700 grazie anche al commediografo Carlo Goldoni. Arlecchino, divenuto così protagonista, è una delle maschere più conosciute al mondo, una icona che entra facilmente nell’immaginario di grandi e piccini. Il merito va anche gli interpreti che l'hanno rappresentato sin dagli esordi e che, nella tradizione dello spettacolo di piazza, si è evoluto nel suo genere teatrale. Le sue caratteristiche principali sono: il vestito con stoffa di diversi colori, la tipica maschera e l' immancabile “batocio”, il bastone che tiene sempre infilato nella cintura. Si è appurato inoltre che i primi attori ad impersonare Arlecchino fosero di origine bergamasca, o presunta tale, proprio per la loro particolare gestualità e, soprattutto, per la parlata dialettale tipica dello “zanni” (variazione del nome Giovanni). Lo “zanni” ha il suo centro geografico di origine nel paese di San Giovanni Bianco -in val Brembana- ma la sua notorietà è dovuta a Venezia, per la cospicua migrazione dell'epoca da parte di valligiani in cerca di lavoro. A parziale testimonianza, in una sua frazione, Oneta, si trova ancora una casa con caratteristiche riconducibili al periodo storico della “dominazione veneta”. L'edificio, totalmente restaurato, contiene al suo interno affreschi originali con le ambientazioni e testimonianze riferite alla “Commedia dell'Arte”; per questo motivo viene - per tradizione - definito: “la casa di Arlecchino”.

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