Importavano illegalmente cuccioli di cani di razza dall’Ungheria e li “piazzavano” non solo in Italia, ma anche in Grecia, Spagna e altre nazioni europee. Il traffico è stato stroncato dal Nucleo investigativo dei Polizia Ambientale dei Carabinieri-Forestali di Cuneo, che coordinati dal Procuratore della Repubblica cuneese, Francesca Nanni, hanno eseguito controlli e sequestri - in collaborazione con gli omologhi reparti delle diverse località - nelle province di Bologna, Como, Cuneo, Gorizia, Lecce, Padova, Perugia, Pisa, Pistoia, Ravenna, Torino e Venezia, in 21 fra private abitazioni, allevamenti, negozi animali e cliniche veterinarie.
Una ventina gli indagati, tutti italiani, fra cui i principali organizzatori del traffico: D.M. di 50 anni di Gorizia, con allevamento in Ungheria; suo cugino, R.M, che avrebbe provveduto al trasporto dei cani fra Ungheria e Italia; due cuneesi: C.B. di 38 anni avrebbe reperito i cuccioli e li avrebbe consegnati agli acquirenti e S.B. veterinaria che avrebbe fornito falsi attestati di nascita dei cani; R.S. veterinario di Lecce, stessa accusa; Infine E:M. 62 anni di Bologna con precedenti specifici altra pedina importante nel traffico, soprannominato “lupo bandito”.
Le accuse ipotizzate oltre al traffico illecito internazionale di cuccioli sono anche, a vario titolo: associazione per delinquere dedita al traffico internazionale clandestino di cucciol; abusivo esercizio della professione medico-veterinaria; sostituzione di persona, posta in essere da alcuni indagati per sfuggire ai controlli e numerosi falsi per “aggiustare” le documentazioni di accompagnamento.
I cuccioli venivano ordinati al trafficante goriziano titolare di un allevamento in Ungheria. Le bestiole venivano nascoste nei bagagliai delle auto per affrontare lunghi ed estenuanti viaggi, privi delle documentazioni di accompagnamento e dei trattamenti sanitari e vaccinali prescritti dalle norme comunitarie e nazionali. È altresì da verificare la tratta via mare per il trasferimento di alcune partite di cuccioli. Sarebbero stati sistematicamente sottratti al di sotto delle 12 settimane previste dai regolamenti, per cui è spesso accaduto che gli animali, già debilitati dai trasferimenti, si ammalassero. Le indagini infatti hanno preso il via a partire dalle denunce di alcuni acquirenti finali che dopo l’acquisto lamentavano cattive condizioni di salute dei cani.
Questi ultimi, delle più svariate razze, una volta giunti sul suolo nazionale, sarebbero stati immunizzati con vaccinazioni “fai da te” grazie alla compiacenza di medici veterinari. L’”italianizzazione” dei cani veniva completata fornendo falsi libretti sanitari ed inoculando i microchip identificativi come se fossero nati direttamente in Italia.
Gli ignari acquirenti erano attirati sul web dai prezzi concorrenziali per animali di razza e con l’assicurazione che i cuccioli fossero nati presso allevamenti italiani e da genitori certi. Tutto ciò evidentemente non corrispondeva al vero. Venivano dunque forniti ai compratori falsi nomi di riferimento, false fotografie dei cani, false partite iva, talora false indicazioni sulla razza e utenze telefoniche intestate a terzi, senza il consenso dei medesimi ed al fine di essere più difficilmente individuabili. Circa 20 mila euro al mese sarebbe il guadagno illecito sino ad ora accertato, del tutto ignoto al fisco.