Povertà oggi: cosa nasconde e cosa rivela

Quando si parla di povertà, una prima differenza che viene sottolineata in sociologia è quella tra povertà assoluta e relativa.

Quando si parla di povertà, una prima differenza che viene sottolineata in sociologia è quella tra povertà assoluta e relativa. La povertà relativa è quella che si definisce in relazione all’ambiente sociale, economico e culturale e che quindi varia nel tempo e nello spazio. Secondo questa concezione, in un Paese ricco possono essere considerate povere persone che in un altro Paese non sarebbero ritenute tali. Ognuno è povero o non povero in rapporto agli altri tra i quali vive: la povertà è quindi un fenomeno sociale prodotto dal contesto.
Quando si parla di povertà assoluta invece, si fa riferimento all’idea della sopravvivenza o a quella di un livello di vita ritenuto minimo accettabile. Tale nozione poggia sulla definizione di un insieme di bisogni ritenuti essenziali per la vita: alimentazione, alloggio, vestiario, salute. A questi bisogni si affianca una lista di beni necessari per il loro soddisfacimento: si ottiene così una soglia di reddito minimo che stabilisce il “confine della povertà”.

Come si è arrivati alla definizione di una misura nazionale
Secondo i dati Istat, nel 2015 erano 1.582.000 i nuclei famigliari in stato di povertà assoluta, pari a 4.598.000 individui (il 7.6% della popolazione residente). Un aumento di 112.000 nuclei e di 496.000 persone rispetto al 2014. La povertà assoluta è quindi in aumento, nonostante l’avvio di sperimentazioni in alcune città ed una maggiore visibilità pubblica della problematica. Stante questa situazione, nasce nel 2013 “Alleanza contro la povertà”, un cartello di 35 organizzazioni che cooperano per promuovere la costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta. La legge di Stabilità 2016 rappresenta un primo risultato di questa azione di advocacy, prevedendo per la prima volta un finanziamento strutturale. Secondo tale impianto, a fianco del SIA (Sostegno Inclusione Attiva) si evidenzia il bisogno di predisporre un Piano nazionale triennale per la lotta alla povertà e all’esclusione, il riordino delle prestazioni di natura assistenziale e il loro monitoraggio.

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