Le ultime parole di Cristo sulla Croce. Franz Joseph Haydn tra la ragione e il sentimento.

Sabato sera, all'Oratorio di Santa Croce a Mondovì, Ophélie Gaillard dirigerà i giovani dell'Academia Montis Regalis nell'esecuzione de Le sette ultime parole del nostro Redentore in croce e del Concerto do maggiore per violoncello e orchestra di Franz Joseph Haydn. Qualche nota per conoscere meglio questi due brani.

Nel 1799 al teatro di Porta Carinzia a Vienna, fu rappresentata per la prima volta davanti a un pubblico La Creazione di Franz Joseph Haydn. Questo grande oratorio fu uno dei più grandi successi riscossi dal compositore nei suoi ultimi anni. Dopo la sontuosa prima rappresentazione, a cui parteciparono ben 120 elementi d'orchestra e 60 di coro, la partitura fece il giro dell'Europa. La
Creazione, oltre ad essere uno degli esempi più compiuti di sintesi tra la grande tradizione della musica sacra e lo stile classico, ha una grande peculiarità: nelle sue prime battute c'è la risposta di Haydn a un quesito che da diversi secoli impegnava i compositori. Come rappresentare il caos nella musica, che essendo basata sull'ordine, sul rigore, sull'armonia può essere considerata la sua antitesi per eccellenza? L'incipit della Creazione, con le sue note tenute d'ottoni che vanno lentamente a spegnersi, seguite da un lento accordo dolente di archi, è la soluzione di Haydn al problema. Una soluzione che arriva al termine di una lunga meditazione nel maestro, cominciata nei primi anni 60 del 700, quando, influenzato dal protoromanticismo, iniziò a esplorare più approfonditamente le possibilità espressive delle tonalità minori (Da sempre Haydn preferiva frequentare le maggiori, così assertive, chiare, limpide, marziali o solenni all'occorrenza). Un filo che corre anche attraverso la produzione sacra di Haydn, meno abbondante ma significativa, e che ha una delle sue tappe più importanti in un lavoro molto particolare, scritto alla fine degli anni 80: Le sette ultime parole del nostro Redentore in croce, che sarà eseguito sabato, insieme al primo concerto per violoncello e orchestra sempre del compositore austriaco, nella cornice dell'Oratorio di Santa Croce a Mondovì, dai Giovani dell'Academia Montis Regalis, diretti da Ophélie Gaillard (violoncellista solista di fama europea ed esperta di musica antica: le sue registrazioni di Bach e Britten hanno ricevuto numerosi elogi dalla critica internazionale. Ha inoltre collaborato, tra gli altri, con Christophe Rousset, Emmanuelle Haim e sir John Eliot Gardiner. La sua ultima incisione, Exiles, realizzata con l'ottetto Sirba e l'Orchestra filarmonica di Montecarlo, è uscita a marzo per Aparté; è dedicata a una selezione di musiche di Bloch, Korngold, Prokofiev e Alberstein, tutti compositori che hanno conosciuto il dramma dell'esilio).

Fu un canonico di Cadice a commissionare al maestro di Rorhau questo tipo di composizione, che non è una passione, nè un oratorio, ma appartiene a un filone musicale a sé, legato a un particolare rito delle celebrazioni della Pasqua, in cui il celebrante leggeva ciascuna delle sette frasi che, secondo i Vangeli, Gesù avrebbe pronunciato sulla croce nel corso della sua agonia e vi associava meditazioni e preghiere. La musica interveniva a sancire il passaggio tra i momenti di riflessione dedicati alle varie frasi e ad accompagnare il raccoglimento dei fedeli. Tantissimi compositori si sono cimentati in questa forma, tra cui Orlando di Lasso, Pergolesi e, successivamente ad Haydn, Mercadante, Franck e Gounod. Con questo lavoro Haydn costruì un piccolo gioiello di introspezione, sicuramente una delle pagine più intense dedicate da un compositore al tema della Passione. Lui stesso dovette essere particolarmente soddisfatto della riuscita del lavoro, visto che riprese in mano la penna e lo rielaborò in diverse versioni: una trascrizione per quartetto d'archi (proprio questa sarà eseguita sabato dalla Gaillard e dai musicisti dell'Academia), un oratorio vero e proprio, per voci soliste, coro e orchestra e una riduzione per strumento a tastiera, curata dall'editore e rivista e approvata direttamente dal compositore.

Il pezzo, è articolato in nove movimenti, sette dei quali in tempo lento: la difficoltà più grande che dovette affrontare Haydn fu proprio quella di variare i brani abbastanza da non cadere nel tranello della monotonia e finire con l'annoiare gli ascoltatori (Haydn era un musicista molto sensibile alla reazione del pubblico ed era sempre molto attento a proporre musica piacevole, varia e non spigolosa). In effetti, come lui stesso ammise in una lettera all'editore Breikopft & Hartel, fu molto difficile non violare le regole che i committenti avevano imposto. Il brano si apre con un'ouverture in re minore in stile francese, che introduce immediatamente gli spettatori in un atmosfera tragica, dolorosa. Un salto d'ottava ascendente squarcia il silenzio, seguito da una rapida ribattuta e da un secondo salto di sesta, ancora verso l'alto; quasi un velo che viene strappato, svelando uno scenario fortemente drammatico. Al primo tema ne segue un secondo, più disteso, che andrà a intrecciarsi morbidamente al primo, su uno sfondo di colpi d'archetto. Già in queste primissime, iconiche battute, si nota un elemento che contraddistinguerà l'intera composizione: la grande attenzione all'uso delle pause e dei silenzi. Nelle Sette parole, Haydn, che normalmente scriveva musica assoluta, esercitando la sua fantasia unicamente sulla composizione e sull'organizzazione di forme musicali, parte da un testo scritto e da un programma ben preciso ed elaborò musica estremamente descrittiva, evocativa, con un elemento drammaturgico forte, quasi teatrale. In un certo senso è musica per la scena della fede, per il teatro spirituale dell'interiorità nella sua accezione più letterale ed autenticamente agostiniana. I sette brani che accompagnano le frasi di Cristo seguono una rigorosa alternanza tra tonalità maggiori e minori, nel segno della varietas di cui si parlava prima. Si passa dunque dal Largo in si bemolle maggiore, che accompagna "Padre perdona loro perchè non sanno quello che fanno" al Grave e cantabile in do minore per "Oggi sarai con me in paradiso". Poi, di seguito, Grave in mi maggiore "Donna ecco tuo figlio", Largo in fa minore "Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato", Adagio in la minore "Ho sete", Lento in sol minore "Tutto è compiuto" e Largo in mi bemolle maggiore "Padre nelle tue mani consegno il mio spirito". Il finale, Presto con tutta la forza in do minore, evoca il terremoto che, secondo i Vangeli, si sarebbe scatenato alla morte di Gesù e ricorda i toni apocalittici del Dies Irae, con ritmiche vivaci e scandite, feroci strappate di archi, rapide ondate di crome, ma sempre entro i confini di un'armonia cristallina, permettendo qualche dissonanza più ispida solo sui lunghi sforzati degli archi. Nei nove movimenti delle Sette parole, si possono ascoltare le prime radici di quel pensiero musicale che si sarebbe sviluppato fino a portare ai esiti sorprendenti della Creazione dove, a tratti, l'ironico, il galante Haydn, autore di un classicismo estremamente razionale, sembra precorrere i poderosi, patetici, passionali accordi di Beethoven e Mahler, gli alfieri del romanticismo più titanico. Non è un caso che, nel corso della riscrittura dell'opera in versione di oratorio, Haydn abbia aggiunto, prima del quinto brano, un secondo preludio, affidato ai fiati. Un momento musicale che precorre direttamente le singolarissime prime battute dedicate al caos prima della Genesi.

Il primo concerto per violoncello e orchestra in Do maggiore, l'altro brano in programma sabato, è precedente di una ventina d'anni alle Sette parole. Appartiene al periodo in cui Haydn, alle dipendenze della famiglia Esterhàzy ma non ancora Kapellmeister (lo sarebbe diventato nel 1766, alla morte del predecessore) dedicava la sua ricerca musicale alla timbrica, esplorando le possibilità dei diversi strumenti, inserendo nei brani ampie parti soliste ed intensificando i concertati, soprattutto nei brani più lenti. Lo strumento e il suo suono, in questo periodo, sono in primo piano sull'orizzonte del compositore e lo stile di scrittura è molto più vicino a quello divertente e galante delle sinfonie. Mentre queste, tuttavia, sono organizzate con la ferrea razionalità che contraddistingue la composizione di Haydn, nei concerti viene lasciato più spazio al virtuosisimo. Il solista guadagna il proscenio ed è la voce del suo strumento a guidare la partita, lasciando all'orchestra il compito di accompagnarlo e intrecciare un dialogo. Haydn compose in tutto tre concerti per violoncello, (il catalogo ne comprende anche un quarto e un quinto, ma sono stati attribuiti dalla critica ad altri compositori) e di questi ce ne sono rimasti soltanto due, quello in do maggiore e il secondo in re minore. Il primo concerto fu con ogni probabilità scritto per il violoncellista dell'orchestra degli Esterhàzy, Joseph Franz Weigl, che di Haydn fu un grande amico. Si articola in tre movimenti: il primo è in tempo di Moderato, aperto da un tema giocoso esposto dell'orchestra, che prepara il terreno per l'ingresso del violoncello da protagonista, che lo riprenderà e interpreterà in duetto con l'orchestra. Non c'è una logica di opposizione tra la massa degli strumenti e il solista, ma un dialogo quasi teatrale. Il secondo tempo è un Adagio e si apre con un morbido tema orchestrale, in cui il violoncello si inserisce in punta di piedi, con una nota tenuta che si insinua nel tessuto musicale per emergere a poco a poco. Nel terzo movimento, Allegro Molto Haydn chiude il concerto con un'allegra, funambolica cavalcata a briglia sciolta per solista e orchestra, tra scale e cromatismi rapidissimi. Un finale spettacolare e di grande effetto per il pubblico, com'era nel suo stile.

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