In platea c’era qualcuno che ha provato, a fine concerto, mentre i musicisti si ritiravano per la breve pausa prima dei bis, a chiedere a gran voce una “Perdere l’amore”, ma è cascato male. Non era quella la serata giusta. Quello che ha fatto tappa all’Auditorium Horzowski per Monfortinjazz non era lo spettacolo del “solito” Massimo Ranieri, nella sua veste più usuale di cantante pop e intrattenitore d’alto bordo. Nel progetto Malìa Ranieri mette in gioco le sue radici più profonde, di interprete ed erede della tradizione napoletana più autentica e più vera, con un quintetto di musicisti jazz, tra i più brillanti della scena musicale italiana.
Il risultato è una miscela tutto sommato abbastanza inedita, nonostante il connubio tra Napoli e la musica d’oltreoceano sia già stato ampiamente frequentato, in varie declinazioni, e sempre con grande successo (basti pensare al lavoro di Renato Carosone, pioniere del standard jazz napoletano e di Pino Daniele, che unì il blues alla melodia napoletana). Malìa però è proprio Tutta n’ata storia. Non a caso tra gli ideatori di questo progetto c’è Mauro Pagani, polistrumentista e produttore italiano che ha dedicato buona parte della sua carriera alla ricerca sulle tradizioni musicali popolari d’Italia e del mondo, andando a riscoprire strumenti, suoni e repertori dei popoli per riproporli nelle sue produzioni discografiche.
Protagoniste del concerto sono le canzoni napoletane più note, portate al successo tra il 1950 e il 1960, che Ranieri interpreta alla napoletana, in modo abbastanza filologico, con pronuncia, teatralità ed espressività adeguate. Intorno alla sua voce, perno centrale dell’intero progetto, Stefano Di Battista al sassofono, Rita Marcotulli al pianoforte, Marco Brioschi alla tromba, Carlo Bagnoli alla batteria e Riccardo Fioravanti al contrabbasso, intessevano vestiti tutti nuovi per le canzoni, genuinamente jazz, con la massima libertà e fantasia. Il jazz italiano non è nuovo a esperimenti del genere: proprio Stefano di Battista e Rita Marcotulli hanno già preso parte a diverse incursioni nella canzone con questo schema (insieme, tra l’altro, avevano lavorato a un riarrangiamento jazz dei brani di Fabrizio De André. Con quel progetto avevano partecipato al Concerto del primo maggio del 2008).
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Malìa è arrivato nei negozi con un’incisione per la prima volta nel 2015, con grande successo. Nel 2016 è uscito un secondo album, Malìa parte seconda. La formazione che ha suonato su quei dischi è la stessa che si è esibita a Monforte sabato 22 con un’eccezione: l’assenza di Enrico Rava alla tromba, sostituito egregiamente dal vivo da Marco Brioschi. A Monforte però al quintetto si è aggiunto un ospite a sorpresa: lo stesso Mauro Pagani, con il suo leggendario violino, dal sound graffiante. Il risultato è stato un concerto da ricordare, sicuramente uno dei più brillanti visti negli ultimi anni. La scaletta era composta da una selezione di standards della canzone napoletana, alcuni davvero universali, come Anema e core, Malafemmena, Tu vuò fa o’ ammericano, O’Sarracino, Torero, Luna Rossa e Resta cu’mme, altri meno noti al grande pubblico, come Dove sta Zazà, Uè che femmena, Accarezzame, Luna caprese. I musicisti hanno suonato con affiatamento, grinta, fantasia ma soprattutto un grande, visibilissimo divertimento.
Anche Ranieri, pur senza mai abbandonare l’impostazione napoletana, ha saputo calarsi nei panni del crooner, creando una curiosissima alchimia interpretativa, a metà tra Frank Sinatra e Roberto Murolo. Mauro Pagani si è unito al gruppo per due tranche di brani, un terzetto poco dopo l’inizio del concerto e tutta la parte finale. La selezione dei brani ha consentito, naturalmente, di ricordare e omaggiare i grandi della canzone napoletana: nonostante non ci fossero brani suoi in scaletta, non è mancato lo spazio per una dedica a Pino Daniele.
Sicuramente Malìa è uno di quei progetti che capitano di rado nella carriera degli artisti, ma che rappresentano una boccata d’ossigeno, in cui ci si può esprimere fuori dalle logiche commerciali e delle radio, inseguendo il germe più autentico dell’ispirazione e della felicità musicale.