Come si riesce ad essere una pop band, di stampo "alternative", quando il mondo della musica guarda ai grandi progetti faraonici costruiti a tavolino dalle grosse etichette internazionali o ad altri generi come il rap o, tutt'al più, alla musica da club? Semplice, si potrebbe dire: almeno, nel caso de The XX, la risposta è stata quella di creare una band dotandosi all'interno del preziosissimo supporto di un dj. Se poi il dj in questione si chiama James Thomas Smith (meglio noto come Jamie XX), allora il futuro roseo della band è assicurato, almeno per dieci anni.
In poche righe ecco delineata la storia di una delle più riconosciute band pop inglese dell'ultimo decennio. Quella che a fine anni '00 è stata considerata una delle band inglesi con il più grande avvenire oggi, dopo tre album ed un successo di pubblico ramificato in tutta Europa si trova a vivere un rapporto di stretta dipendenza dal proprio membro principe.
Queste considerazioni sono figlie dell'ultimo live della band nel tour italiano (all'Ippodromo delle Capannelle di Roma a inizio luglio), un tour in cui sono emerse le grandi qualità del terzetto di creare un divertimento consapevole e partecipato con il pubblico, le indiscusse capacità di Jamie, ed i contingenti limiti che the XX mostrano (sarà un caso che la band è giunta, nonostante il successo, alla pubblicazione di tre full lenght) nel dare un futuro al loro sound, costretti da una parte dalle logiche di un pop che accoglie certe sonorità solo negli ambienti più indipendenti, e dalle derive elettroniche di un concerto che nel finale è apparso molto più simile ad un live-set come quelli che si possono seguire in un club.
Pregi e potenzialità di un collettivo che è capace di sprigionare molta energia, ma che dovrà capire in tempi più o meno brevi - per non rischiare una involuzione - cosa vuole diventare da grande.